Brasile – La missione salesiana fra gli Xavante
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05 Luglio 2017

(ANS – Nova Xavantina) – Gli Xavante sono una minoranza etnica del Mato Grosso, in Brasile, fortemente legata alle sue tradizioni e alla terra in cui vive. Prima del ‘900 di loro si aveva notizia solo nelle cronache di viaggio, imprecise e frammentarie, degli esploratori. Dopo i primi scontri con i cercatori d’oro, gli Xavante rifiutarono ogni contatto con i bianchi e decisero di rifugiarsi nel Mato Grosso. I Salesiani decisero di portare la missione educativa ed evangelizzatrice anche tra loro e, non senza difficoltà, vi sono riusciti.

Le resistenze non furono poche e alcuni religiosi dovettero pagare con la vita il loro zelo missionario: è questo il caso di don Juan Fuchs e don Pietro Sacilotti, uccisi il 1° novembre 1934. Bisogna attendere la fine degli anni ‘30 per registrare un’inversione di tendenza: nel 1937 don Antonio Colbacchini, percepito dagli indigeni come un anziano veggente, venne introdotto nel loro gruppo. I missionari salesiani iniziarono così la loro prima missione a Santa Terezinha, rispettando la struttura del villaggio tradizionale.

Dopo il Concilio Vaticano II venne inaugurata la fase di inculturazione più intensa: tutto ciò che i missionari intendevano intraprendere in campo economico, sociale o religioso veniva concordato con il capo villaggio e con l’approvazione dell’assemblea dei capi famiglia, e al tempo stesso gli Xavante rendevano partecipi i missionari di tutte le decisioni e gli eventi che segnano la loro vita.

Oggi tra gli Xavante è ancora attivo don Bartolomeo Giaccaria, che nei manuali di Antropologia viene citato come il continuatore dell’opera di don Colbacchini. Dal 1954 è inseparabile dal Mato Grosso – e dalla sua gente – e continua a svolgere instancabile la sua attività missionaria in una parrocchia comprendente 184 villaggi sparsi in 3 diocesi e su un totale di 4000 km²: grandi spazi, in gran parte disabitati, dove anche ora che sono state costruite alcune arterie stradali fondamentali, le difficoltà sono ancora tante.

La sede della missione è a Nova Xavantina, ma don Giaccaria utilizza il metodo della missione itinerante. “Non è solo fare visita – precisa – è dare una presenza efficace ed effettiva nelle comunità, così possono andare avanti e svilupparsi sempre meglio”.

Grazie alla presenza salesiana, nei villaggi si è potuto lavorare molto sulla formazione pastorale, l’istruzione, la salute, lo sviluppo dell’agricoltura. “Facciamo quello che si può fare – sottolinea don Giaccaria –. Il missionario non deve risolvere i problemi degli indigeni, deve aiutarli a risolvere i loro problemi. Non deve fare, deve far fare”.

Per quanto riguarda la coesistenza del Cristianesimo con i culti tradizionali, sono stati tradotti i Vangeli e i libri liturgici in lingua xavante e si cerca di dare priorità ai valori più che alla struttura: “Non importa se non sanno cos’è il Giubileo (noi ci abbiamo messo 1500 anni), è importante che sappiano cos’è la misericordia. Abbiamo insistito su ciò che è loro familiare. Per introdurre il battesimo, ad esempio, abbiamo fatto appello alla loro cerimonia di iniziazione, a canti e danze tradizionali, al ruolo importantissimo dei padrini. Non bisogna bruciare le tappe, né avere fretta. È molto facile coinvolgerli con le cose esteriori, con la forma. Ad esempio nelle processioni vogliono a tutti i costi aiutare a portare qualcosa. Più difficile è passare il contenuto”.

Per gli Xavante il legame con la natura è molto forte ed essi utilizzano le materie prime per diverse ricette, tra cui creme e shampoo, ma anche sciroppi e altri rimedi contro le malattie più comuni.

Sul sito di “Missioni Don Bosco” è possibile conoscere meglio la storia di don Giaccaria e ricevere gratuitamente l’e-book “Curarsi come gli Xavante. Il ricettario di Padre Giaccaria”.

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