Gli studenti della scuola salesiana, stupiti e sconvolti per l’accaduto, non sapevano più come studiare bene. Questo ha spinto i Salesiani a concedere agli studenti un permesso, mentre gli sfollati occupavano anche le aule. In totale si trattava di 79 famiglie, ciascuna, in media, composta da sei persone. Ma poiché la situazione perdurava e il numero degli sfollati aumentava, i Salesiani, non volendo lasciare i loro allievi per troppo tempo senza lezioni, si sono confrontati con il capovillaggio. Alla fine, con il consenso dei superiori salesiani e in accordo a quanto richiesto dal capovillaggio, così come il popolo di Israele si era accampato nel deserto, gli sfollati si sono stanziati stabilmente nel campo da calcio centro salesiano di Shasha. “Per loro iniziava una nuova vita. Provando a vivere, senza speranza di sopravvivere” testimonia don Kizito Tembo, responsabile della comunità salesiana di Shasha.
“Davanti a questa miseria chi poteva chiudere gli occhi? Nel campo la vita sembra essersi fermata. Gli alunni che studiavano nelle loro scuole, i genitori che avevano i loro campi, i giovani che si arrangiavano con qualche lavoretto, non possono più farlo... La guerra ha paralizzato tutto” aggiunge ancora il salesiano.
Gli sfollati si svegliano al mattino senza sapere cosa mangeranno o come finirà la giornata. Ancora peggio è quando piove. Le famiglie devono stringersi intorno al fuoco per riscaldarsi. E le malattie hanno iniziato a fare vittime. In una terra straniera, senza via d’uscita o speranza per il domani, i guai non arrivano mai da sola. In questo caos che non dice il suo nome, la situazione peggiore la vivono sempre le classi più vulnerabili: le donne incinte, gli anziani, i malati e i bambini.
Miseria su miseria. Dopo un lungo cammino come esuli in patria loro, quanti avevano preso qualche malattia lungo la strada hanno iniziato a morire; colera, morbillo e malnutrizione hanno preso a colpire i bambini; le donne incinte hanno subito aborti spontanei e alcuni bambini sono venuti alla luce già morti; le donne che allattano non hanno abbastanza latte materno: una vera disgrazia per i lattanti.
“Di fronte a una situazione del genere, il silenzio è complicità. Ancora peggiore è il silenzio delle organizzazioni umanitarie che, pur essendo a conoscenza di questa situazione, perché i loro agenti sono venuti a vedere, visitare ed identificare, non fanno nulla per aiutare queste persone che stanno soffrendo terribilmente” commenta con amarezza don Tembo.
Molti sono i flagelli che colpiscono questa povera gente. In termini di alloggio, le loro capanne non hanno un telo. E quando piove, l’acqua piovana entra nelle capanne e gli sfollati s’infradiciano. Molti si sono ammalati e, senza cure adeguate, né cibo, hanno preso i medicinali senza avere nulla da mangiare. Ma le medicine senza cibo diventano veleno. E così i bambini vittime di malnutrizione sono morti da un giorno all’altro.
I salesiani si sono organizzati per offrire loro conforto spirituale e materiale. Celebrare la Messa per loro ogni domenica con i cristiani di Kirotshe, sono disponibili ad ascoltarli e a impartire loro i sacramenti. Poi, con il sostegno di alcuni amici e benefattori, hanno iniziato a dare del porridge ai bambini malnutriti e un pasto al giorno per poter salvare almeno qualche persona tra le categorie più a rischio; e, dopo aver sfamato i più vulnerabili, sfamano anche gli adulti che si fanno avanti per ricevere le loro porzioni.
I salesiani intendono dare a tutti i bambini la possibilità di tornare a scuola con gli altri studenti dall’inizio del prossimo anno scolastico, nel settembre 2023, presso la scuola primaria “Don Bosco Shasha” e insegnare uno o più mestieri a chiunque lo desideri, attraverso un centro di formazione professionale.
“Di fronte a queste folle di persone in miseria, la nostra azione è come una goccia nell'oceano” condivide, infine, don Tembo. Che poi conclude con un appello: “Invitiamo tutti, in tutto il mondo, a venire in aiuto di tutte queste persone che soffrono terribilmente per una miseria che non si vuol vedere e la cui fine è nota solo a Dio”.