Don Kamza porta la Parola di Dio a 4 tribù: Shapra, Kandozi, Shawi e Awajun. Visita ciascuna di esse una sola volta all’anno e vi rimane per 3-4 settimane. Di solito viaggia su una barca chiamata “peque-peque”, dal rumore che fa quando naviga.
Il missionario avanza nella foresta per portare la Parola di Dio, celebrare i sacramenti, l’Eucaristia, leggere la Bibbia e pregare il rosario. Ai bambini insegna il catechismo e a giocare a calcio.
Quando don Kamza raggiunge un posto gli viene offerta una bevanda chiamata “masato”, a base di manioca, che ha un sapore diverso in ogni tribù e che viene servita solo dalle donne. Nelle famiglie indigene sono ben distinti i compiti tra uomini e donne, e la popolazione coltiva manioca, mais e riso.
Chi visita il missionario, in mezzo a tutta quella vegetazione, si chiede: “da dove viene la forza di annunciare la Buona Novella in questo luogo?”. E la risposta di don Kamza è questa: “quando navigo in canoa per sei o sette ore, prego il Rosario e la Coroncina della Divina Misericordia. Questo mi dà forza. Senza il contatto con Dio non posso fare nulla. Per questo, la preghiera, la preghiera e ancora la preghiera: è essenziale per un missionario. Nei miei viaggi leggo anche dei libri e mi ricordo sempre che il missionario deve seminare. Gesù non ci inganna mai e sa come toglierci anche dai problemi più grandi”.
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