di Gian Francesco Romano
Don Pallithanam, di cosa si occupa di preciso?
Sono il responsabile di “People’s Action for Rural Awakening” (PARA), una ONG che, pur rifacendosi ai principi salesiani, è totalmente indipendente dalle Ispettorie. Quest’indipendenza ci garantisce maggiore libertà, perché nel nostro lavoro di difesa dei diritti dei Dalit (gli “Intoccabili”) e della povera gente, alle volte dobbiamo confrontarci anche con le autorità governative: ci siamo presi cura di decine e decine di casi di violenza contro i Dalit – la maggior parte dei Cristiani sono Dalit – e ci impegniamo perché possano vedere tutelati i loro diritti, abbiano un salario adeguato, siano tutelate le loro terre, sviluppino delle comunità…
Per coltivare un approccio basato sui Diritti Umani, già tra i più giovani, abbiamo fondato quasi 1000 Club dei Diritti Umani, e realizziamo iniziative che hanno coinvolto finora oltre 5mila scuole dell’Andra Pradesh e nel vicino Stato di Telengana, per un totale di oltre 6mila educatori e 43mila ragazzi. E inoltre curiamo anche una casa per ragazzi di strada e una per donne abusate.
Lavorate anche con i migranti?
Sì, ma nel territorio in cui operiamo il fenomeno riguarda soprattutto le persone che emigrano verso i paesi del Golfo Persico. Molti di essi vivono in condizioni terribili. Oppure collaboriamo con i Salesiani che lavorano nelle grandi città e che hanno attivi dei programmi di accoglienza per chi emigra dalle aree rurali, come la nostra.
Oltre a guidare PARA, lei è Coordinatore della “Wada Na Todo Abhiyan” (WNTA), una grande federazione di ONG di diversa ispirazione. Come procede la collaborazione con altre realtà?
Cooperare con ONG di tutti i tipi rappresenta la maggior parte del mio lavoro oggi. La WNTA è una grande federazione di ONG, la maggior parte delle quali non sono cristiane, e si occupa di monitorare e valutare quanto il Governo nazionale e quelli statali rispettino effettivamente gli impegni presi con i cittadini. Il nome significa proprio: “Non Rompere la tua Promessa”. E la nostre attività è anche preventiva: prima delle elezioni elaboriamo un manifesto con le istanze della società civile alla politica (che raccogliamo attraverso sondaggi e consultazioni tra tutta la popolazione, ascoltando le donne, i minori…) e che poi sottoponiamo all’attenzione dei partiti, perché le conoscano e le portino avanti.
Quanto è importante oggi realizzare azioni di advocacy, lobbying, essere presenti in organismi sovranazionali… per la missione salesiana?
È importantissimo, ma non solo per chi frequenta “le stanze dei bottoni”. Tutti i Salesiani devono darsi da fare in tal senso, tutti devono cercare di cooperare, fare networking con altre realtà nelle loro iniziative: se vogliamo dare solo soluzione temporanee e limitate, va bene, possiamo farne a meno; ma se si vuole risolvere i problemi alle radici bisogna collaborare con tutti! I diversi approcci non sono un ostacolo: personalmente, sono la mia fede e il mio carisma che mi portano a lavorare per i giovani a rischio; ma posso lavorare a loro vantaggio anche con un ateo.
Inoltre, come Salesiani, in certi casi siamo già all’avanguardia, come nella Formazione Professionale o nel lavoro con i giovani a rischio: in quei casi se cooperiamo con altri potremo arricchirli; mentre negli altri casi, saremo noi ad imparare!
Infine, c’è anche da dire che la Congregazione è presente in oltre 130 paesi. Non sono molte le organizzazioni così diffuse: noi dobbiamo avere uno sguardo globale, far conoscere tra loro le diverse realtà, le diverse possibilità e richieste… E sfruttare il fatto che, oltre a produrre documenti e orientamenti, noi abbiamo una presenza reale in tante realtà, tale da poter davvero mettere in pratica quanto viene deciso nei vari consessi.