È ipotizzabile una pastorale per nativi digitali?
Sappiamo che gli adolescenti e i giovani vivono intensamente il digitale. Il loro mondo è una rete di immagini, di suoni e di interattività. Sono nativi di una realtà dove reale e virtuale sono una cosa sola e dove l’immaginazione parla un linguaggio multidimensionale. Per loro, Internet e le reti sociali sono luoghi di studio, di ricerca, di promozione personale e professionale, di amicizie e di intrattenimento. In questo universo sono presenti anche grandi sfide. Il digitale rispecchia il complesso scenario economico, politico e sociale, dove povertà, violenza, guerra, indifferenza verso gli altri, individualismo, ingiustizie, mancanza di lavoro e crisi climatica costituiscono una minaccia per il presente e per il futuro.
In questo contesto, preferisco parlare di abitanti digitali piuttosto che di nativi digitali. È vero che i nativi digitali crescono con una mentalità e un comportamento tipicamente nuovo, come l’uso del linguaggio digitale, la logica digitale, il fare più cose contemporaneamente, il rispondere emotivamente e socialmente alla velocità e all’istantaneità di Internet.
Ma quando parliamo di pastorale, credo che l’importante sia partire da ciò che ci insegna il Vangelo: la scelta sentita ed esistenziale della persona di Gesù Cristo e dei suoi insegnamenti: ciò che la Chiesa ci propone per essere fratelli e sorelle. In una comunità parrocchiale ad esempio, si possono coinvolgere le persone nella pastorale della Chiesa legandole ad un progetto condiviso sia a livello affettivo che effettivo eleggendoli a membri di una comunità.
Un secondo aspetto importante dell’evangelizzazione digitale è quello di proporre azioni concrete per gli adolescenti e i giovani, affinché possano praticare la vita cristiana sulla base di ciò che la Chiesa insegna nel campo della morale sociale, ad esempio: vivere concretamente la carità con i più poveri, i malati, gli anziani, coinvolgersi in progetti per discutere e trasformare le realtà ingiuste e contrarie alla vita che troviamo ovunque.
Ad esempio, quando un gruppo di giovani si riunisce per pregare, cantare, giocare per poi postare dei progetti sociali che loro realizzano ad esempio a favore dei migranti, dei rifugiati, dei malati, si sta evangelizzando attraverso il digitale. Pertanto comunichiamo a partire dal vissuto e dalla testimonianza. Nel mondo digitale le parole non sono sufficienti, c’è urgenza di azioni concrete.
Come considerare eppure le persone che fanno parte del chiamato divario digitale?
Come cristiani è importante inoltre ricordare che quando parliamo del mondo digitale assistiamo ad una dura realtà: circa 3,8 miliardi di persone nel mondo non hanno ancora internet. Il digitale divide è una triste realtà per tante persone che non hanno accesso all’informazione e alla comunicazione via internet. È una questione di giustizia sociale: il diritto di comunicare è per tutti gli esseri umani.
Mentre il mondo diventa sempre più digitale e virtuale, tutti noi abbiamo la responsabilità di approfondire, con i nostri educatori, le linee guida per stabilire un rapporto sano tra le persone e la tecnologia, con una particolare attenzione alla cura per il creato, alla dignità e ai diritti, all’etica dell’economia e della politica. L’obiettivo è custodire la Casa Comune attraverso la fraternità, come ha proposto Papa Francesco a partire dall’Enciclica “Laudato Si’” e dal “Patto Educativo Globale”.
Lei ha scritto: «Come esseri umani, indipendentemente dalla nostra cultura, lingua o età, siamo naturalmente inclini a fidarci dei comunicatori che parlano dal cuore, che collegano le loro parole e i loro sentimenti in modo coerente, che sono effettivamente presenti, che non hanno paura di sviluppare relazioni reali e vere (pag 46)». Come si può applicare?
Con Internet, le nostre relazioni sono diventate una vera e propria torre di Babele. Sappiamo che le reti sono luoghi di grano e pula che crescono insieme. Non possiamo avere una visione innocente del mondo digitale. Inoltre, nel mondo digitale abbiamo tutte le sfide della violenza emotiva e sociale, dell’incitamento al discorso all’odio, dell’ideologia del consumismo sfrenato, di ogni tipo di ideologia. Pertanto, per relazionarci nel mondo digitale, abbiamo bisogno di alcuni principi chiari.
Penso che il punto di partenza per avere buone relazioni attraverso internet e i social network sia comunicare con persone che si conoscono, che hanno valori e progetti comuni, che hanno un’etica e si impegnano reciprocamente. Vale a dire, prima l’esperienza concreta, vissuta, provata, con le persone che poi continueranno queste relazioni attraverso il digitale.
In alcuni casi può funzionare anche il contrario. Ovvero, avviare un gruppo con persone che non si conoscono. Però c’è Il rischio per l’anonimato, la sicurezza personale e la privacy. E’ sempre rischioso quando una persona si unisce a un qualsiasi gruppo e inizia a parlare di sé, delle sue cose private, senza sapere come queste informazioni saranno utilizzate.
Lei ha affermato in un articolo che ha scritto recentemente “che l’arte è il cuore della comunicazione”. Cosa significa questo?
Si, è vero. Ricordiamo che il nostro padre e fondatore Don Bosco suonava il piano, cantava, utilizzava di modo meraviglioso il teatro per educare.
Un modo per creare una rete di comunicazione tra i giovani, ad esempio, potrebbe essere l’arte. Credo molto nel potere ispiratore e nella capacità dell’arte di unire le persone, di creare legami, di coinvolgerle in progetti autentici e reali.
L’arte è il cuore della comunicazione umana. Quando parliamo di arte, si fa riferimento alla musica, alla danza, alla letteratura, al teatro, alla pittura e a numerose altre manifestazioni artistiche. In un certo senso, tutte le persone, indipendentemente dalla loro condizione economica, sociale, culturale ecc., fanno esperienza della realtà artistica.
Tutte le forme di arte sono un linguaggio visivo dei sentimenti e dei desideri della persona. L’arte permette inoltre a ciascuno di definire o conquistare il suo spazio sociale e politico all’interno della comunità umana. Mediante la diversità dei suoi linguaggi, l’arte fa sì che l’essere umano possa manifestare le sue emozioni, i suoi valori, la sua fede e la sua visione del mondo.
A mio avviso, approcciare i giovani per far loro imparare alcuni tipi di arte e sport è un modo creativo di educare per abitare il digitale.
Come deve essere una scuola salesiana nel contesto digitale?
La scuola salesiana è un luogo privilegiato e speciale per educare bambini e giovani, in qualsiasi realtà culturale del mondo. Innanzitutto, ci sono i valori del sistema preventivo, il valore dell’amore, dell’amicizia, del dialogo, della riflessione, l’importanza di Dio e della religiosità, con i suoi simboli, i suoi riti e le sue esperienze di preghiera, liturgia, canto e servizio per gli altri. L’educazione salesiana ha un ambiente educativo che permette il movimento, lo sport, la musica, la danza, il contatto amichevole con gli educatori, di esperienze educative e culturali.
La scuola salesiana, partendo da questa base umana cristiana, può e deve sviluppare l’educazione digitale, riflettendo con i giovani su come funziona il mondo e la logica digitale. E in questo universo capire come vivere in modo equilibrato e libero come persona e come cristiano all’interno del cyberspazio, dell’infosfera, prendendosi cura di sé all’interno della psicosfera.
Può darci un esempio su questo?
Certo! Ad esempio, un giovane che capisce come funziona la logica digitale, saprà cercare momenti per imparare uno strumento musicale, fare danza, fare sport, cucinare, fare attività fisiche, cercare momenti di contatto con la natura, passare del tempo con le persone, guardare negli occhi. Perché? Perché sa che il tempo della logica digitale non offre tutto questo. Quindi, questo giovane sta imparando che il tempo naturale deve essere vissuto con il suo ritmo, nella sua gratuità, nella sua bellezza. Questo non significa sdoppiarsi con la logica del tempo digitale, ma sapersi collocare educativamente all’interno dell’infosfera e del cyberspazio.
I giovani che sanno come collocarsi criticamente all’interno dell’universo digitale diventano più creativi. Saranno loro a diventare più liberi di imparare, di riflettere, di pensare in modo più significativo e profondo facendo scelte migliori per la loro vita, per la loro salute fisica ed emotiva sviluppando in questo modo la loro spiritualità per utilizzare il mondo digitale in modo creativo, sano e imprenditoriale.