RMG – Un progetto per i giovani e tutte le Isole Mauritius. Il Card. Piat da Papa Francesco per parlargli della scuola professionale affidata ai salesiani

(ANS – Roma) – L’aveva detto, ed è stato di parola: “Se necessario, andremo anche da Papa Francesco per realizzare questo sogno”. Il cardinale Maurice Evenor Piat, vescovo di Port Louis, capitale delle Isole Mauritius, da anni sta collaborando con i salesiani presenti nella sua diocesi per ampliare l’offerta educativa dell’Istituto Tecnico “Saint Gabriel – Don Bosco”, e così dare delle opportunità di futuro a tanti giovani poveri che oggi sono rifiutati ed emarginati. E in questo suo lodevole sforzo, lo scorso 1° dicembre è stato ricevuto in udienza privata dal Papa – insieme a don Maurizio Rossi, SDB, Direttore dell’opera salesiana di Port Louis, e al Preside e al Vicepreside dell’Istituto, rispettivamente il signor Alain Beche e Michele Mohon – e ha presentato al Santo Padre il suo progetto e le sue finalità. A margine di quell’appuntamento, ha concesso un’intervista ad ANS.

80 anni, mauriziano per nascita e spiritano (della Congregazione dello Spirito Santo – C.S.Sp.) per vocazione, il cardinale Piat è vescovo dal 1991, ed è succeduto per coadiutoria alla guida della diocesi di Port Louis nel 1993. Ha ricevuto la berretta cardinalizia da Papa Francesco, nel 2016, proprio a motivo del suo costante e proficuo impegno per i più poveri.

Eminenza, perché è venuto a Roma da Port Louis?

Sono venuto dal Papa per parlargli di un progetto importantissimo per la Chiesa e tutto il Paese. È un progetto che riguarda i giovani poveri e indifesi, quelli che non possono frequentare la scuola e i percorsi educativi nazionali. Pensando a loro vogliamo offrire educazione tecnico-professionale, perché così possano sviluppare i loro talenti, perché ne hanno! Ma sono talenti manuali, pratici, dei mestieri.
Alle Mauritius già esiste questo tipo di formazione, ma è troppo poco rispetto alle esigenze. Inoltre, a motivo del passato coloniale, l’educazione nelle scuole viene offerta in inglese – una lingua troppo distante dal creolo e dal francese, che sono le lingue parlate dalla maggior parte di questi giovani. I nomi delle località, le celebrazioni liturgiche, gli spettacoli in tv… tutto viene offerto in francese, tranne le lezioni scolastiche. Così questi ragazzi finiscono per rimanere sulla strada e vittime della droga e di ogni tipo di dipendenza. Quando invece abbiamo visto chiaramente, attraverso alcune limitate esperienze, che quando questo tipo di competenze vengono offerte in francese o creolo, i giovani imparano alla svelta.
Il risultato è che oggi abbiamo una mancanza di manodopera qualificata nostrana, un tasso di disoccupazione giovanile al 24%, mentre importiamo tecnici da altri Paesi. Per questo dico sempre che non è solo un progetto per il bene della Chiesa o dei giovani, ma di tutto il Paese!

E cosa le ha detto il Papa?

Il Santo Padre ci ha ascoltati con grande attenzione e ha compreso perfettamente il problema. Anche perché lui stesso ha conosciuto di persona la realtà delle Isole Mauritius, durante la sua visita di due anni fa, e già all’epoca disse chiaramente che i giovani sono la prima missione della Chiesa mauriziana.

Qual è il suo legame con i salesiani?

Ho conosciuto i salesiani sul finire degli anni ‘90, quando i Fratelli di San Gabriele, che avevano una piccola scuola tecnica alle Mauritius, lasciarono il Paese per mancanza di vocazioni. L’allora Nunzio Apostolico mi consigliò di chiedere ai salesiani, che stavano facendo un bel lavoro dello stesso genere in Madagascar. Così, quando venni a Roma nel 1998 per il Sinodo dei Vescovi, ne parlai con l’allora Rettor Maggiore, don Juan Edmundo Vecchi, che fu molto rapido e subito inviò un salesiano, don Luigi Zuppini, a studiare la situazione. E l’8 dicembre 2000, nell’anniversario della nascita dell’Oratorio di Don Bosco, i primi pionieri salesiani arrivarono ufficialmente nel Paese.

Oggi, quindi, quale obiettivo vi proponete?

L’Istituto Tecnico “San Gabriel – Don Bosco” già esiste, è della diocesi, ma affidato ai salesiani, ed offre Formazione Tecnico-Professionale, umana e spirituale a circa 250 giovani; con questo progetto vorremmo arrivare a 1.200 giovani. I salesiani hanno anche acquistato un terreno adiacente, per permettere l’espansione dell’istituto – che peraltro sorge vicino ad una parrocchia missionaria, sempre affidata ai salesiani.

Eminenza, ci parli anche della realtà delle Isole Mauritius…

Storicamente, le Mauritius avevano una forte industria dello zucchero e una competenza riconosciuta in quel settore; ma poi il crollo dei prezzi causò una grande crisi, da cui si uscì con la diversificazione della produzione, e in particolare con lo sviluppo dell’industria tessile e del grande turismo. Il risultato è stato una forte crescita e un miglioramento del tenore di vita del cittadino medio. Ma resta ancora ben presente una porzione di popolazione povera, che è rimasta ai margini, scartata.
Così oggi il Paese ha una facciata commerciale di paradiso naturale, con spiagge bellissime e mare cristallino – e, sia chiaro, tutto questo e vero! – Ma c’è anche l’altro lato della medaglia, quello della povera gente, a cui per l’appunto vuole rivolgersi il nostro progetto.

Quali sono allora le priorità della Chiesa?

Innanzitutto, la Chiesa delle Mauritius ha fatto un’opzione a fondamentale per i poveri, finalizzata alla ricerca e alla promozione dello sviluppo umano. Al tempo stesso, lavoriamo per promuovere in tutti gli ambiti e settori – in famiglia, sul lavoro, nelle parrocchie… – una fede autentica, che non sia solo un retaggio culturale ereditato dalle generazioni precedenti. Inoltre, nel contesto mauriziano, con il 50% della popolazione induista e un 18% di musulmani, la Chiesa non può non lavorare anche per il dialogo e la pace, la quale richiede sempre la giustizia.

Lei è anche Presidente della Conferenza Episcopale dell’Oceano Indiano. Ci vuole parlare di quest’incarico?

In verità, la Conferenza racchiude le più piccole isole dell’Oceano Indiano: Mauritius, Réunion, le Seychelles, le Isolo Comoro e il Vicariato Apostolico di Rodrigues, che copre una delle Isole Mauritius. Ciò che posso sottolineare è che nei nostri raduni, non facili da organizzare, date le distanze che ci separano, non partecipano solo vescovi, ma anche sacerdoti e religiosi, suore, laici… Cerchiamo di condividere tra noi i progetti di successo, le buone pratiche, e di coltivare soprattutto la fraternità.
Insomma, dalle nostre parti la sinodalità è già un percorso in atto.
E voglio aggiungere un commento, che ho sentito questi giorni in Vaticano e che faccio mio: il Sinodo sulla Sinodalità di oggi è certamente figlio del Sinodo sui Giovani del 2018, quando i vescovi partecipanti hanno toccato con mano la bellezza di lavorare e camminare insieme ai giovani.

Com’è la situazione sull’isola dopo il disastro ambientale dell’estate 2020, quando una petroliera versò in mare migliaia di litri di petrolio?

Bisogna dire che fortunatamente si è riusciti a ripulire sufficientemente la laguna, lo spazio tra la spiaggia e la barriera corallina. Ancora oggi, tuttavia, parte del relitto è visibile in acqua, e ci sono dei tratti di costa e di mare che sono rimasti danneggiati, con la conseguente perdita del lavoro da parte di molti pescatori. La Caritas li sta aiutando, ma per tanti di essi non è stata solo una perdita economica, ma uno shock culturale, perché il mare è sempre stato tutta la loro vita.

Per concludere, ha un messaggio per la Famiglia Salesiana?

Voglio dire grazie ai salesiani, ai religiosi, le religiose e tutti i laici della Famiglia Salesiana! Per l’amore che nutrite per i giovani e per la competenza, il know how che avete e che sapete trasmettere nel lavorare con loro.

Gian Francesco Romano

InfoANS

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