Ernest, parlaci del tuo cammino di fede e di discernimento vocazionale...
Per quanto posso ricordare, è stato nel periodo in cui ero al liceo che la mia fede ha preso una piega ben precisa. Avevo un sentimento e desiderio che veniva alimentato dalla preghiera, dall’auto-introspezione e dall’apertura allo Spirito Santo. Poi ho fatto dei passi nel processo di formazione fino a diventare salesiano, il 15 agosto 2015.
E l’origine della tua vocazione salesiana?
La mia vocazione missionaria salesiana è iniziata nel primo anno di post-noviziato, in Tanzania. Ho trovato un gruppo missionario già attivo, nel quale sono poi entrato a far parte. Avevamo programmi e attività sistematiche nella comunità, come animare le preghiere ogni 11 del mese, guardare e discutere di vari documentari missionari, fare opere di carità nel nostro quartiere e incontrarci più spesso con il Direttore. Attraverso tutte queste attività e preghiere, ho riconosciuto questa chiamata a servire come missionario.
Cosa ti rende felice come tirocinante salesiano a Kiev?
Ho il privilegio di far parte di una comunità appena avviata, dove tutto è appena iniziato. Siamo in un luogo dove i cattolici sono una minoranza. Anche se stiamo cercando di trovare il nostro posto e fare una vera presenza salesiana, possiamo già dire che c’è un’accoglienza positiva da parte della gente. La mia presenza come tirocinante qui è molto utile. Sono coerente con il mio ruolo di assistente; i giovani mi stanno sempre intorno con la voglia di apprendere e ho avvicinato un buon numero di giovani all’oratorio. E questo mi rende felice.
Come superi le sfide che incontri come giovane missionario?
Devo dire che le sfide che affronto non sono molte, anche se sono dure. In primo luogo, è un fatto che sono il primo salesiano africano a partecipare di questa tradizione liturgica greco-cattolica. Potete immaginare quanto sia stato e sia difficile per me. Molte persone si chiedono semplicemente perché sono venuto qui a fare quello che faccio. Le loro domande di meraviglia però, mi mettono in imbarazzo, mi fanno sentire come se fossi nel posto sbagliato…. Insomma, difficoltà nella liturgia e poi l’uso limitato della lingua, anche se ho fatto buoni progressi. Ad ogni modo, normalmente supero i problemi quotidiani attraverso la resilienza e le preghiere.
Cosa hai imparato dai giovani di Kiev?
Potrei dire molte cose… In generale, ad essere creativo, a tenere il tempo, a pensare in termini concreti e ad essere autentico.
Fonte: AustraLasia
https://www.infoans.org/sezioni/interviste/item/12426-ucraina-un-missionario-africano-nel-profondo-del-progetto-europa#sigProId76891f82c0