La serata ha riunito 300 partecipanti ed è stata moderata da Clémence Houdaille, giornalista del quotidiano cattolico francese “La Croix”.
Marie-Aleth Grard, Presidente di ATD-Quart Monde dal 2020, ha ricordato che il suo movimento si batte da 60 anni per una società in cui nessuno sia lasciato indietro: “La povertà estrema riguarda la casa, l’occupazione, la salute, la cultura... ma anche e soprattutto l’educazione. Sono persone che non hanno voce, persone invisibili che vogliono avere un posto nella società”. E per ribadire una delle forti convinzioni di ATD-Quart Monde: “Qualsiasi misura presa sulla base dei più poveri andrà a beneficio di tutti; qualsiasi misura non presa sulla base dei più poveri li escluderà”.
Jean-Marie Petitclerc, in qualità di coordinatore della rete “Don Bosco Action Sociale”, ha esordito riprendendo l’intuizione del fondatore della congregazione, San Giovanni Bosco: “La capacità di educare non è legata tanto all’organizzazione istituzionale, quanto alla qualità della relazione tra il giovane e l’adulto”. Questo è ciò che sperimentano ogni giorno gli educatori che fanno riferimento alla pedagogia salesiana, basata sulla fiducia, sulla speranza e sull’alleanza.
Ma il compito è difficile, ha sostenuto Grard: “Cosa possono fare gli insegnanti quando le famiglie passano da stanza di un ostello all’altra? Non hanno la stessa vita quotidiana. Non potete immaginare quanto sia difficile conoscere e capire la povertà estrema”.
Ma una cosa è certa, tutti questi genitori si aspettano molto dalla scuola, anche se a volte hanno difficoltà a trovare le parole per dirlo: “Non si può immaginare fino a che punto l’estrema povertà sia un colpo terribile per l’autostima (...) Eppure, quando parliamo con questi genitori, che sono in grande difficoltà, che vivono in case popolari, in baraccopoli o che si spostano da un albergo all’altro, ci dicono: ‘la scuola permetterà a mio figlio di avere una vita migliore’”.
“Al Don Bosco sappiamo bene che il primo fattore di insuccesso scolastico non è ovviamente il livello di intelligenza, ma la mancanza di attenzione. La precarietà (nel nostro Paese 2.000 bambini vivono per strada!) crea un tale senso di insicurezza che questi giovani arrivano a scuola con troppi pensieri. Alla fine, il successo scolastico non consiste nell’avere la testa piena, ma nel riuscire a schiarirsi le idee quando si arriva a scuola ogni mattina!”, ha dichiarato don Petitclerc. E, proseguendo, ha citato un altro aspetto della pedagogia salesiana: “Valorizzare il successo. Il punto chiave è aiutarli a scoprire la gioia del successo”; in tal senso, fa l’esempio dell’insegnante di sport che, in una lezione di salto in alto, parte da 80 centimetri e poi alza l’asticella. Mai il contrario...
Per ritrovare la fiducia, ha affermato la Presidente di ATD-Quart Monde, bisogna anche “saper osare e prendersi del tempo”: “Se vogliamo capirci, ascoltandoci, dobbiamo saperci prendere del tempo”. Da parte sua don Petitclerc ha sottolineato, citando uno studio di François Le Clère, ex Direttore Generale dell’associazione salesiana “Valdocco”: “Quando un giovane abbandona la scuola, i primi giorni sono emozionanti. Sono felici, a loro agio a casa, è come una vacanza. È in quel momento che le istituzioni tornano ad occuparsi di loro. Ma lui non è motivato. Poi, con il passare del tempo, la situazione si ribalta: il giovane si annoia ed è pronto a farsi convincere... ma l’istituzione è andata avanti, e questa volta è lei a essere demotivata...”.
Benoit Deseure
Fonte: Don Bosco Aujourd’hui