Il Consiglio Internazionale per i Diritti Umani è una delle principali organizzazioni indipendenti al mondo dedite alla tutela dei Diritti Umani. Concentrando la sua attenzione là dove i diritti umani vengono violati, l’organizzazione dà voce agli oppressi e richiama gli oppressori alla responsabilità dei loro crimini.
Sorpreso dalla notizia, il prelato ha dedicato il riconoscimento ai membri della sua équipe: “Non ho mai lavorato per i riconoscimenti. Sono l’ultima persona che si preoccupa di queste cose, ma le accetto quando capitano, come incoraggiamento ai miei colleghi, che sono i veri vincitori”, ha detto.
Oltre ad essere un uomo di Chiesa, mons. Menamparampil è sempre stato un convinto fautore crede nell’attivismo sociale e nella costruzione della pace e dell’armonia sociale: “La pace arriva quando tutti noi riconosciamo di aver bisogno l’uno dell’altro” ripete.
Mons. Menamparampil è una figura chiave nel processo di pace in India, in particolare tra i gruppi etnici dello Stato dell’Assam, nel Nord-Est indiano. Per lui, il miglior metodo di evangelizzare in Asia è quello di “sussurrare il Vangelo nell’anima dell’Asia”, diventando mediatori tra le varie posizioni e culture e promotori di un dialogo sincero tra le parti, cosa che può avvenire solo attraverso la conoscenza reciproca, il rispetto e attraverso un “accenno di simpatia nel cuore”.
“Sono stato coinvolto in tutto ciò [le attività di pacificazione] nel 1996, quando quasi 250mila persone furono costrette a fuggire nei campi di soccorso intorno a Kokrajhar dopo aver perso i loro cari e le loro proprietà – ricorda l’arcivescovo emerito di Guwahati –. Fortunatamente, altre persone che la pensavano come me, di diverse Chiese e comunità, si riunirono per aiutarle. È stato uno sforzo collettivo, di azione comune”. Poi, con l’incoraggiamento e il sostegno del governo dello Stato e dell’opinione pubblica, i soccorsi avanzarono e si restaurò un clima di pace.
Fu in quell’occasione che nacque il “Joint Peace Mission Team” (Squadra Congiunta in Missione per la Pace) organismo di cui fu tra i promotori e con il quale lavora ancora oggi, per sostenere l’armonia locale. Per lui la pace è possibile, attraverso la preghiera e l’impegno, in tutti i contesti e a tutti i livelli.
“Dopo quell’esperienza – prosegue – sono stato chiamato ad aiutare in diversi altri casi di conflitti nella regione, dove la violenza etnica è costata diverse vite umane, ha distrutto case e causato immense sofferenze alla popolazione”. Le iniziative di pace patrocinate dal salesiano hanno riguardato molte zone di conflitto etnico nell’India nord-orientale, come Churachandpur, Haflong, Diphu, Udalguri, Mendipathar e Sarupathar.
“Il mio contributo è stato piccolo – afferma con umiltà – ma coloro che lavoravano per la pace in quei contesti hanno molto apprezzato le nostre iniziative”.
L’arcivescovo ottantatreenne indiano è stato vescovo ordinario di Guwahati dal 1992 fino al 2012, oltre che amministratore apostolico di Jowai dal 2014 al 2016. In precedenza era stato vescovo di Dibrugarh per undici anni e prima della nomina episcopale ha servito nel campo dell’educazione, lavorando per molti anni alla Scuola Tecnica Don Bosco e al “St. Antony”, a Shillong, e tra i suoi exallievi figurano oggi molti leader di spicco nel nordest dell’India e a livello nazionale.
Il dialogo e la riconciliazione sono rimasti i punti cardinali del suo operato nei numerosi altri incarichi occupati, tra i quali ricordiamo: Presidente della Conferenza regionale dei vescovi dell’India Nord-orientale; Presidente della Commissione per l’Educazione e la Cultura della Conferenza Episcopale Indiana; e Presidente dell’Ufficio per l’Evangelizzazione delle Conferenze Episcopali dell’Asia (FABC).
Recentemente viene spesso invitato in diverse università dell’India ed estere per parlare di temi come la comprensione intercomunitaria, la riconciliazione della memorie storiche e il cammino verso la pace.
L’anno scorso, a Pechino, ha dato un contributo molto utile al Congresso Mondiale dei Filosofi.