Don Jiménez è di Tarifa, e ha 59 anni. Fedele al carisma salesiano, si assicura che nelle case di cui è responsabile vengano promosse “l’educazione e l’evangelizzazione dei giovani, in particolare dei più svantaggiati”. Il lavoro quotidiano abbraccia più fronti: centri di accoglienza per minori che non hanno famiglia, per gli orfani a causa della guerra, per i ragazzi rifiutati – alle volte cacciati da casa perché accusati di stregoneria.
Per tutti questi ragazzi le case salesiane hanno sviluppato un ampio sistema di Formazione Professionale. “Abbiamo laboratori di falegnameria, muratura, meccanica automobilistica, saldatura…”, racconta don Jiménez. Per il salesiano l’obiettivo principale è che tutti loro possano avere un futuro. “La nostra intenzione è dare a questi giovani la possibilità di avere un’educazione e una formazione che permettano loro di essere autonomi e indipendenti nella vita. L’obiettivo è il reinserimento: famigliare, quando possibile, e quando non lo è, almeno sociale”.
Le case salesiane hanno anche scuole primarie e secondarie, che vengono frequentate anche da ragazzi che hanno una famiglia alle loro spalle; e diverse hanno anche una parrocchia, per sostenere l’evangelizzazione a supporto della Chiesa locale. “Alla fine, ogni casa fa un’analisi della situazione del luogo in cui si trova, vede quali sono i bisogni più urgenti della popolazione e stabilisce i servizi che possono essere più utili”.
Don Jiménez conosce bene la realtà della Repubblica Democratica del Congo, e spiega che ci sono altre malattie oltre alla famigerata Ebola. “L’Ebola crea una morte quasi immediata, ma la verità è che in Africa in generale e in Congo in particolare, una malattia che ha causato e continua a causare più morti è la Malaria”.
Il religioso salesiano riconosce che l’Africa deve fronteggiare molti problemi; e tuttavia “c’è una serie di valori che purtroppo vengono ignorati, e viene presentato solo il volto doloroso e miserabile dei Paesi africani. A me, africano d’adozione, tutto questo fa male. In Africa non ci sono solo problemi, ci sono anche vita e speranza, ed è questo che ci rende felici di trascorrere la nostra vita per queste persone che valgono la nostra dedizione”.
Fonte: COPE