RMG – Testimonianze di vita dai salesiani anziani: dal “Corso Sorgente” parla don Michele Gentile

03 Giugno 2024

(ANS – Roma) – Il quarto missionario che ha condiviso la sua esperienza vocazionale e di vita al “Corso Sorgente” per missionari anziani è stato don Michele Gentile, 84enne pugliese, da 33 anni attivo in Albania, Paese in cui è stato uno dei pionieri della missione salesiana, e dove continua tuttora ad operare.

Nato nel 1940 a Rignano Garganico, vicino a San Giovanni Rotondo – il Paese in cui risiedette per tanti anni San Pio da Pietrelcina, “Padre Pio” – don Gentile ha fatto parte di una folta schiera di Figli di Don Bosco provenuti da quella terra: ben 16, tra cui anche un suo zio, don Angelo Gentile, nonostante nella zona non vi fossero case salesiane.

Formatosi tra Portici, dove fece il noviziato – “anche se ancora senza una vera consapevolezza vocazionale”, come ammette candidamente – Torino, dove studiò Teologia – e maturò pienamente la sua vocazione –, e Bari, dove ottenne la Laurea in Ingegneria Elettronica, divenne sacerdote nel 1981, e prestò servizio per circa un decennio nelle case della sua stessa regione.

Eppure, la seconda vocazione, quella missionaria, aveva cominciato a manifestarsi ben prima, in contemporanea, o forse anche prima, di quella religiosa e sacerdotale. “Iniziai a sentire il desiderio di andare in missione quando ero ancora all’aspirantato, perché passavano spesso i missionari raccontando la loro esperienza” testimonia.

Nel 1988 sembrava fosse destinato al Madagascar, ma la Provvidenza aveva altri piani per lui; così, alla fine, si trovarono altri due salesiani per quella destinazione e lui non partì più. Ma era solo questione di tempo. Nel 1991, infatti, con il crollo del regime comunista e ateo in Albania, sulle coste della sua Puglia iniziarono ad arrivare massicce ondate di migranti e profughi, fino a 15-20mila in un solo giorno.

Già qualche mese prima degli sbarchi, don Gentile era stato inviato nel “Paese delle Aquile”, su mandato dello stesso Rettor Maggiore dell’epoca, don Egidio Viganò, sollecitato a sua volta dal Vaticano e da un sacerdote albanese. La sua era stata una visita esplorativa, per conoscere il contesto sociale del Paese. Così, quando la situazione del Paese manifestò tutta la sua gravità, Don Viganò chiese all’Ispettore dell’Italia Meridionale, don Luigi Testa, di inviare con urgenza qualche salesiano, e tra di essi vi era proprio don Gentile. Era il luglio del 1991.

“Quello che trovammo di fronte ai nostri occhi era un totale disastro” afferma senza mezzi termini il salesiano. Che infatti dovette ripartire e tornare dopo qualche settimana con il supporto di altro personale, membri dell’ONG salesiana “Volontariato Internazionale per lo Sviluppo” e gettare così le basi della missione salesiana nel Paese.

Non fu facile, ma non mancarono nemmeno le benedizioni impreviste: come l’aiuto spontaneo giunto da alcuni giovani albanesi, lieti di accogliere in patria qualcuno che si prendesse cura di loro, e che grazie ad un po’ di lingua italiana appresa attraverso la televisione, fecero da testa di ponte per stabilire dei primi contatti e collegamenti.

Il progetto salesiano sin dall’inizio è chiaro e ben configurato: si tratta di aprire due diverse opere, a Scutari, nel nord; e a Tirana, la capitale. Opere che in effetti videro presto la luce e prosperarono, tanto che nel 1996 venne inaugurata la scuola professionale di Tirana, alla presenza dei Presidenti nazionali italiano e albanese, e che l’anno successivo l’allora Rettor Maggiore, don Juan Edmundo Vecchi, inaugurò e benedisse l’oratorio e la prima pietra della casa salesiana.  

La storia della missione salesiana in Albania, cui don Gentile ha dedicato tutta la sua vita dagli anni ‘90 ad oggi, è saldamente intrecciata alle complesse vicissitudini che il Paese ha vissuto da dopo il crollo del regime. “A marzo del ‘97 scoppiò la guerra civile in Albania, per cui i salesiani di Tirana furono costretti a rientrare in Italia. Ma l’opera venne difesa da giovani animatori, che si chiusero in casa con le armi. E nel 1999, invece, presso la casa salesiana venne allestito un campo profugo per accogliere la popolazione kosovara” ricorda ancora il salesiano.

Ma le fondamenta di quelle case erano salde e le strutture sono resistite nel tempo, e – anzi – hanno diffuso altrove il loro carisma. Oggi in Albania ci sono tre opere: a Tirana, con scuole tecniche, oratorio, centro giovanile, parrocchia, e centro diurno per giovani Rom; a Scutari, con convitto, parrocchia, oratorio e corsi professionali; e Lushnje, nella parte centro-meridionale dell’Albania, con parrocchia e oratorio.

E la presenza salesiana nei Balcani si è ampliata anche con altre due case in Kosovo, a Pristina e Gjilan, sempre dipendenti dall’Ispettoria dell’Italia Meridionale (IME); e un’altra ancora in Montenegro, a Podgorica, assegnata alla cura dell’Ispettoria della Slovenia (SLO).

Da parte sua don Gentile, pioniere di quest’opera, con 84 anni, non è ancora andato in pensione, ma continua la sua missione con zelo, come viceparroco presso la casa di Tirana.

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