Anatoly e Rania sono una giovane coppia, con tre figli piccoli di 15, 8 e 6 anni, che vivevano nel tranquillo villaggio di Toshinvka, nella regione di Lugansk, nell’Ucraina orientale. “Avevamo progetti per il futuro, coltivavamo la terra e crescevamo serenamente i nostri figli. Poi, il 24 febbraio, tutto è cambiato”, ricorda Anatoly.
La famiglia si è svegliata al suono delle esplosioni, tutta la città si è ritrovata in preda alla paura e alla ricerca di farina, zucchero, sale, olio per fare scorte per qualche giorno… Ma dopo una settimana nei negozi non si trovava altro che delle spezie. “Non avevamo molto cibo, ma eravamo ancora in grado di cucinare qualcosa con i nostri vicini per i bambini, mentre sentivamo le bombe cadere”, ricorda Rania.
Il 19 marzo è stato un giorno ancora peggiore, perché ad essere bombardata è stata proprio la loro abitazione. “Tremava tutto quanto, ci siamo buttati a terra ed eravamo circondati da pietre, vetri... i bambini urlavano dalla paura... Abbiamo cercato di calmarli perché pensavamo che saremmo morti lì. È stato terribile”, spiega la coppia.
Da quel momento in poi, aver salva la vita e sognare la pace è divenuto il pensiero ricorrente di tutti. “Siamo corsi a scuola pregando che non ci cadessero addosso altre bombe. Vivevamo tutti nel seminterrato di una scuola, freddo e senza finestre, che serviva da rifugio” proseguono.
Con altre famiglie del vicino villaggio di Lower hanno formato un gruppo molto unito a causa del fronte comune nelle avversità, mentre fuori dal rifugio tutto continuava ad essere terrificante tra esplosioni e rumori di aerei ed elicotteri. Un giorno, però, è arrivato a bordo di un furgoncino bianco il missionario salesiano Oleh Ladnyuk, e ha distribuito viveri e candele. “I volti dei bambini sono cambiati grazie a dei semplici biscotti, e anche noi genitori ci siamo riempiti di speranza nel ricevere un po’ di cibo”, ricorda Anatoly.
Ma dato che il giorno dopo una bomba cadde nelle vicinanze della scuola, tutti volevano solo andare verso un posto più sicuro. “Ma non avevamo denaro, né mezzi” spiegano. La preside della scuola è riuscita però ad ottenere un autobus con il quale far fuggire tutte le famiglie, per un totale di 40 persone. Hanno viaggiato per 40 km, fino a Zolotarívka, vedendo attorno a sé solo fumo, morte e distruzione. Giunti alla stazione, hanno preso un treno per Sloviansk, e da lì, dopo diversi giorni di viaggio verso occidente, sono arrivati infine a Leopoli.
“Siamo arrivati la mattina presto alla stazione ferroviaria di Lviv, e ci hanno portato al primo piano, dove tutto era organizzato per accoglierci e darci ciò di cui avevamo bisogno: coperte, materassi, cuscini... I bambini si sono addormentati, ma noi avevamo tanti dubbi: ‘Dove andremo ora? Niente lavoro, niente casa...”, racconta Rania.
Sono rimasti tutti insieme come una famiglia, e la mattina dopo, i salesiani sono tornati di nuovo a dare un po’ di speranza nella loro vita. “Questa volta è stato padre Mykhaylo Chaban a portarci alla casa salesiana e a sistemarci in una stanza confortevole. La loro calda accoglienza ci ha dato pace, e siamo molto grati a tutti coloro che ci hanno aiutato per tutto questo tempo”, conclude Anatoly.
Leopoli, infatti, nell’ovest dell’Ucraina, è un luogo relativamente “sicuro” finora e tante persone che devono lasciare le aree più pericolose del Paese ma non vogliono andare all’estero, si trasferiscono proprio lì. Ce ne sono così tante ora, che il governo sta allestendo case-container per 10mila famiglie. Alcune di queste saranno nel nostro complesso. In questa città-container ogni famiglia avrà una piccola “casa” in un container appositamente attrezzato, con bagno e cucine mobili condivise.
Queste famiglie saranno ora i nuovi “parrocchiani” e “allievi” dei salesiani.
Fonti: Misiones Salesianas, Coordinamento Saleisano per la Risposta all’Emergenza Ucraina