In effetti il 40% delle lettere è inedito, per cui vengono alla luce molti corrispondenti ignoti alla storia salesiana: italiani, francesi, spagnoli, portoghesi, belgi, polacchi, inglesi, tedeschi, austriaci, ungheresi, cileni, argentini, uruguaiani, brasiliani… Pagina dopo pagina si apre davanti al lettore un caleidoscopio di personaggi della società civile e di quella ecclesiastica in stretto contatto con Don Bosco per i più diversi motivi.
Ne ha fatta di strada il ragazzo di campagna di Castelnuovo, lo studentello-lavoratore e povero seminarista di Chieri, il semplice prete-studente del Convitto di Torino che attirava a sé i ragazzi semiabbandonati della città con i quali poteva comunicare solo in dialetto! Il nome “Don Bosco” negli anni Ottanta del secolo XIX risuonava in Italia e all’estero, ivi comprese le gelide terre magellaniche e qualche torrida città dell’India: in corti imperiali e in regge, in castelli e in ville patrizie, in palazzi episcopali e in ministeri, in redazioni dei giornali e in consigli comunali, ma anche in semplici canoniche, in umili case di contadini, in conventi di religiosi e religiose, in seminari e per le strade, sulla bocca di giovani di varie parti d’Europa e d’America Latina.
I lettori poi si accorgeranno subito che molte lettere (circa un terzo) sono scritte in francese, una lingua che Don Bosco conosceva a mala pena e che scriveva un po’ a modo suo. Il fatto non è irrilevante e la lettura della corrispondenza ne offre la spiegazione. I vari viaggi di Don Bosco sulla Costa Azzurra, fino a Marsiglia, nei primi anni Ottanta, il trionfale viaggio a Parigi nel 1883, l’edizione di “biografie” in lingua francese, la stampa cattolica lo avevano fatto conoscere oltralpe come il San Vincenzo de Paoli del XIX secolo, il possente taumaturgo dell’Ausiliatrice, perfino l’uomo in grado di risolvere la questione sociale. E dunque andava aiutato, finanziato da quanti avevano a cuore il problema dei ragazzi a rischio. È soprattutto una cerchia di benefattori francesi, alcuni generosissimi, che in questi anni sostiene economicamente l’opera salesiana, mentre la stessa Francia paradossalmente sta conducendo una dura lotta contro la Chiesa, le sue istituzioni, soprattutto le opere dei religiosi.
Inoltre, nel triennio considerato, ci troviamo di fronte ad un Don Bosco settantenne (dell’epoca!), seriamente ammalato, sia pure con pause di relativo benessere, ma di giorno in giorno sempre più “ombra di se stesso”. In moltissime lettere è costretto a giustificare per motivi di salute il ritardo nella risposta, la loro brevità, la pessima grafia, la necessità di servirsi di un segretario anche solo per concludere la lettera. Eppure, con prevedibile fatica fisica e psichica, non cessa di scrivere personalmente a particolari autorità civili e religiose, ad alcuni confratelli, a determinati benefattori, a illustri personaggi mai conosciuti di persona. Tutto ciò ha un suo significato.
Infine, come tutti gli altri otto volumi precedenti, anche questo nono volume di lettere consente di distinguere fra quelle autografe di Don Bosco, quelle di cui ha steso la minuta (poi ricopiata dal segretario e da lui sottoscritte), le lettere redatte da altri e da lui semplicemente firmate, le circolari a stampa preparate dai collaboratori, ma portanti sempre la sua firma. In evidenza sono Don Rua e due redattori del “Bollettino Salesiano”, don Bonetti e don Lemoyne, quest’ultimo in particolare diventato in quegli anni segretario di concetto di Don Bosco e segretario del Capitolo superiore. A lui si devono commoventi lettere a singoli salesiani, alcune circolari, la circolare di nomina di Don Rua a Vicario di Don Bosco con pieni poteri (1885) e soprattutto le due lettere da Roma del 1884, tanto commentate nel loro contenuto, quanto non prive di problemi di ecdotica e di critica testuale.
Se l’infanzia di Don Bosco, la sua giovinezza, le primissime esperienze di Valdocco sono conosciutissime, grazie all’affascinante narrazione aneddotica delle Memorie dell’Oratorio e alle fantasiose fiction televisive, attente all’audience più che al dato storico, per Don Bosco adulto e per Don Bosco anziano, instancabile nel lavorare per i giovani “fino all’ultimo respiro” (lett. 4.192), la fonte principale ed ineludibile sono le sue lettere: una sorta di autobiografia quotidiana, scritta a sua insaputa, esente dai limiti intrinseci al genere letterario delle Memorie e storicamente molto più attendibile di altre fonti continuamente citate.
Ora non rimane che attendere l’ultimo volume dell’epistolario, il decimo, che raccoglierà le lettere dell’anno 1887, del gennaio 1888 e quelle rinvenute dopo la pubblicazione dei singoli volumi. Quello finale offrirà anche gli indici complessivi dell’intero corpus epistolare del santo di Valdocco, ricco di poco meno di 5.000 lettere.
Bosco Giovanni, Epistolario. Introduzione, testi critici e note a cura di Francesco Motto. Volume nono (1884-1886), lett. 3956-4424. (= ISS – Fonti, Serie prima, 16). Roma, LAS 2021, 605 p.