di don Thomas Anchukandam, SDB
Direttore dell’Istituto Storico Salesiano
Così gli Atti lo presentano come Colui che andava facendo del bene (10,38) e proclamando la Buona Novella della liberazione (Lc 4,14 e ss). In linea con il suo approccio, chiese ai suoi discepoli di imitare non tanto gli scribi e i farisei, i “praticanti di religione” e “custodi della tradizione” professionisti, quanto il samaritano, che si era dimostrato amico di un uomo sfortunato e sconosciuto (Lc 10,37).
Egli prese atto anche del fatto che molti, al di fuori del “popolo eletto di Israele” e che professavano un “credo diverso”, come il centurione romano e la donna siro-fenicia, avevano una fede anche più genuina. Gesù, infatti, dichiarò che non tutti quelli che lo chiamavano “Signore, Signore” sarebbero entrati nel Regno dei Cieli, ma piuttosto coloro che facevano la volontà del Padre suo che è nei cieli (Mt 7,21-23)! Egli non insisteva mai su lunghe e struggenti preghiere, ma al contrario si mostrava chiaramente contro tali pratiche e diceva che Dio non avrebbe prestato le sue orecchie a preghiere ostentate e verbose (Mt 6,5-7). Egli preferisce piuttosto la tranquilla ricerca della volontà del Padre, lontano dalla folla e nel silenzio della notte (Mt 4,2; Mc 1,35; Lc 6,12 ecc.).
Le Beatitudini (Mt 5, 3-10) e il Giudizio Finale (Mt 25, 31-46) sono in linea con quest’approccio generale di Gesù. Solo la giusta disposizione interiore e dei gesti d’amore coerenti con tale disposizione possono fornire l’ultimo biglietto d’ingresso per il Cielo. “Perché avevo fame e mi avete dato da mangiare... Quello che avete fatto all’ultimo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a Me... Venite, benedetti, ricevete in eredità il Regno...!” Infatti, come insisterà san Giovanni della Croce: “Al crepuscolo della nostra vita saremo giudicati solo sull’amore”.
Dalla stessa vita di Don Bosco è evidente che un’autentica spiritualità non richiede lunghe ore di preghiera o “esercizi spirituali” succhia-energie. Infatti, l’ascolto del “grido dei giovani bisognosi” precluderebbe un simile approccio. La “spiritualità visibile”, che si attenderebbe normalmente fu così cospicuamente assente nella sua vita che il cosiddetto “avvocato del diavolo” nel corso del processo di canonizzazione osò chiedere: “Ma quando pregava Don Bosco?” Questo, a sua volta, diede luogo a quella spontanea replica di Papa Pio XI: “Ma quand’è che non pregava Don Bosco?”
Il Papa aveva capito molto bene che l’essenza della santità di Don Bosco era il suo essere sempre in unione con Dio, e che il suo pensiero martellante era la ricerca e la realizzazione della volontà di Dio = il benessere totale dei giovani che erano nelle sue disponibilità. Don Bosco stesso manifestò quest’approccio quando disse: “Per voi studio, per voi lavoro, per voi io vivo, per voi sono disposto anche a dare la mia vita”.
I suoi sogni, che facevano parte della sua vita e della sua missione, erano solo espressioni di questo suo appassionato e per così dire ossessivo desiderio di cercare e fare la volontà di Dio. La sua era, infatti, una spiritualità che si traduceva in un’energia interiore, che faceva dell’amore di Dio e del prossimo un’unità inseparabile ispirata dal Vangelo.
La sfida per i Salesiani di oggi - eredi di questa singolare spiritualità e operanti in 136 Paesi - è di essere come Don Bosco, assidui ricercatori della volontà di Dio e capaci di dimostrarsi autentici segni e portatori dell’amore universale del Padre. Ed è davvero incoraggiante vedere che sono all’altezza di questa sfida, nonostante le circostanze molto difficili. Lo fanno a imitazione del loro Padre - con quel gioioso ottimismo che nasce dalla fiducia in un Dio Provvidente che è il Signore della storia, consapevoli di essere accompagnati dalla Beata Vergine Madre di Dio e in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà.