RMG – “Qual è il ruolo degli anziani salesiani nella cultura digitale?”

La risposta nella lettera “Condividere saggezza e speranza nella cultura digitale” del Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale 

(ANS – Roma) – In considerazione della realtà digitale attuale, e a motivo della presenza, soprattutto in alcune Regioni del mondo salesiano, di un elevato numero di salesiani anziani, il Consigliere Generale per la Comunicazione Sociale, don Gildasio Mendes, ha deciso di dedicare loro un’apposita lettera, intitolata: “Condividere saggezza e speranza nella cultura digitale”. Ecco come oggi illustra ai lettori di ANS le origini, il significato e le prospettive di questo documento.

Don Gildasio, potrebbe dirci innanzitutto qual è stato il punto di partenza per arrivare a questa lettera?

Il punto di partenza è stata la considerazione che abitare oggi il mondo digitale richiede saggezza e speranza: sono questi gli elementi con cui tutti possono testimoniare ed evangelizzare nel mondo digitale. Non si tratta, dunque, di dare nuovi impegni nella comunicazione ai salesiani anziani o malati; né di chiedere ai salesiani anziani di diventare degli “esperti” delle reti sociali. Al contrario, l’idea di fondo è che la testimonianza di chi sa vivere questo mondo di trasformazioni e cambiamenti è già essa stessa un modo di fare apostolato.

Come mai ha avvertito il bisogno di scrivere questo documento?

L’esigenza è nata dagli incontri congiunti che abbiamo realizzato nelle sette Regioni salesiane tra i Delegati ispettoriali di Formazione e quelli di Comunicazione Sociale. Sulla necessità di offrire una lettura in tal senso, inoltre, si erano espressi anche diversi Ispettori; e ho ricevuto degli stimoli anche da parte di alcuni salesiani anziani.

Nella lettera lei scrive: “Chi cammina con saggezza e speranza evangelica rimane sempre giovane”. Può spiegarci meglio questo passo?

Significa semplicemente che, per abitare oggi il mondo digitale, ad un salesiano anziano non sono richieste particolari competenze specialistiche, ma solo due cose: vivere e condividere saggezza e speranza nel proprio ambiente; cioè, vivere la propria vita salesiana, anche l’invecchiamento o la malattia, con saggezza e speranza. Perché già questo è un modo di abitare bene nel mondo digitale.
Il punto di partenza, dunque, è sempre il vissuto, che poi viene condiviso con gli altri: la testimonianza è già annuncio.

Anche se non si esprime direttamente poi sulle reti sociali o i canali propri del mondo digitale?

Esattamente. Faccio alcuni esempi: un salesiano anziano che spende il suo tempo in cortile tra i ragazzi; impegnato nel confessionale con i giovani; o che celebra quotidianamente l’Eucaristia con vera partecipazione; che recita il Rosario tra i corridoi della casa; che, pure se malato, porta avanti nei limiti della sua condizione, il proprio lavoro… Tutto questo è testimonianza, è esperienza, è vissuto reale che evangelizza e parla. A chi? Ai nostri collaboratori, ai laici, ai giovani, ai bambini, ai loro familiari… E quando poi questi parlano con gli altri loro coetanei, colleghi, conoscenti, o quando condividono la vita sulle reti sociali, diventa evangelizzazione.

Il mondo digitale, tradizionalmente considerato terreno esclusivo dei giovani, si apre così anche agli anziani…

Oggi dobbiamo riconoscere con onestà che siamo pervasi da una cultura dello scarto e dell’indifferenza verso gli anziani. Il mio scopo invece è proprio quello di valorizzare la loro testimonianza, come un messaggio potente per i giovani. Perché i nativi digitali hanno molto da imparare dagli anziani – i quali peraltro sono stati i primi testimoni e artefici degli sviluppi tecnologici che ci hanno portato fin qui. Vogliamo, pertanto, semplicemente promuovere “la bellezza dell’umano”, vedere i nostri anziani come “maestri dell’umano”. Senza dimenticare che ci sono già, comunque, degli anziani presenti nelle reti sociali e nel digitale, e anche questo ovviamente va bene. Anzi, è compito delle comunità discernere cosa e come possono eventualmente fare di più e meglio.

La lettera si muove in sintonia con la Chiesa: pensiamo alla grande attenzione di Papa Francesco verso gli anziani e il dialogo tra le generazioni.

È vero. Siamo in linea con la sua sensibilità, perché lui è stato il primo a denunciare la cultura dello scarto e ad invocare l’umanizzazione delle relazioni nel mondo digitale; così come è in sintonia anche con la proposta del Rettor Maggiore in quel che riguarda specificamente la comunione fraterna nelle comunità. È una proposta che si inserisce pienamente nella moderna antropologia della Chiesa e al tempo stesso è qualcosa di nuovo, perché è la prima volta che una Congregazione religiosa produce un documento inerente agli anziani e al mondo digitale. Sfuggendo alla tentazione attivista, ribadisco, ma senza privare gli anziani del loro dono, diritto e responsabilità di comunicare.

Lei scrive anche: “L’universo digitale è una vasta terra di grano e zizzania”. C’è da mettere in guardia gli anziani?

Più che mettere in guardia, c’è bisogno di consapevolezza. Tante volte nel dialogo con i giovani mi accorgo che non dobbiamo “problematizzare” eccessivamente la rete: non è il nostro compito. Al contrario, dobbiamo suscitare domande, favorire una maturità negli approcci, per un uso non ingenuo, ma critico.

Infine, cosa possono fare le comunità educativo-pastorali per coinvolgere adeguatamente i salesiani anziani nel mondo digitale?

Rispondo con tre indicazioni: essere consapevoli di questa dimensione, cioè che l’esperienza condivisa è già evangelizzazione; in secondo luogo, avere la capacità e la sensibilità di “mettersi nei panni” dei nostri anziani, saper anche accogliere i loro ritmi; da ultimo, saper imparare dai nostri anziani, consapevoli che un giorno anche i giovani diventeranno anziani.

Il testo integrale della Lettera è disponibile a fondo pagina in italiano, inglese, spagnolo, francese, portoghese e polacco.

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