RMG – Giornata Missionaria Salesiana 2022: la parola ai Consiglieri Generali

(ANS – Roma) – I Consiglieri Generali per le Missioni, don Alfred Maravilla, la Pastorale Giovanile, don Miguel Angel García Morcuende, e la Comunicazione Sociale, don Gildásio Mendes, rispondo ad alcune domande legate al tema “Comunicare Cristo Oggi”.

Comunicare: Tutti comunichiamo, tutti abbiamo bisogno di comunicare. Secondo le vostre esperienze, qual è la cosa la più trascurata nella comunicazione di noi – educatori, animatori, salesiani – con i giovani?

Don Gildasio Mendes: I giovani hanno un codice linguistico per interpretare la loro vita e la realtà. Una grande sfida per noi è propria quella di entrare in questo codice in modo amichevole e interattivo. Il codice del linguaggio giovanile passa per i loro cuori sentimenti, affetti, desideri di rapporto e fiducia. Si tratta di amare i giovani in nome di Dio ed entrare nella loro vita per fare un percorso di fede e vita cristiana. 

Don Miguel Angel García Morcuende: Il tema della comunicazione è assai delicato perché spesso si corre il rischio di parlare di “sfide”, seppur presenti, piuttosto che entrare già nel tema delle possibilità operative concrete. Questo perché i nostri giovani sono già “lì”, investono il loro tempo, vivono connessi attraverso la tecnologia che portano e trasportano con sé. Tutto questo solleva questioni di primo ordine per la pastorale giovanile, quasi a “costringere” a certi ripensamenti.

Don Alfred Maravilla: La comunicazione coinvolge diversi componenti che è necessario considerare seriamente: prima di tutto il mittente che codifica il messaggio scegliendo il miglior canale attraverso il quale il messaggio viene trasmesso - come i social media, la stampa, ecc - dal mittente al destinatario. Il destinatario, a sua volta, analizza il messaggio nel suo contesto e lo interpreta in modi sia voluti che non voluti dal mittente. Infine, il feedback indica quanto bene il messaggio è stato ricevuto.

Cristo: Molti giovani cercano di avvicinarsi a Cristo o di approfondire la relazione personale con Lui, ma dicono che la Chiesa non li aiuta molto in questo, anzi piuttosto il contrario. Che cosa consigliereste loro?

Don Gildasio Mendes: Gesù Cristo ci insegna che proclamare la Buona Novella è camminare insieme, fare un processo di cambiamento di mentalità, essere aperti al nuovo, imparare, approfondire e coinvolgere. La Chiesa ci insegna attraverso la storia che evangelizzare richiede vicinanza, camminare insieme. Più siamo vicini ai giovani, più camminiamo con loro sulla strada di Emmaus oggi, più possiamo scoprire insieme a loro come vivere la loro fede nella Chiesa, con impegno e gioia.

Don Miguel Angel García Morcuende: All’interno della Pastorale Giovanile, se da un lato teniamo a mente di passare dai “contenuti” alle “persone”, dall’altro ci rendiamo anche conto che nella prassi, a volte, non sappiamo cosa è essenziale per la fede. Recuperare il contenuto del Vangelo, Gesù Cristo, è la cosa giusta da fare con i giovani. Come educatori-pastori è necessario chiedersi, se ognuno di noi ha qualcosa da offrire e se la propria testimonianza di fede può provocare attrazione e servire da richiamo. Ciò che cercano i giovani sono relazioni, amicizia, complicità, protagonismo, libertà, intimità, preoccupazioni, informazione, sollievo, appartenenza, sostegno, sentimenti, vicinanza. La proposta educativo-pastorale salesiana non ha forse qualcosa che si collega a tutto ciò?

Don Alfred Maravilla: Gesù Cristo non è una dottrina da credere ma una persona da incontrare. Perciò annunciarlo significa assicurare che ogni nostra attività favorisce un’esperienza travolgente e gioisa di Gesù, capace di suscitare un interesse per la sua persona che conduce ad un’iniziale adesione a Lui, o alla rivitalizzazione della fede in Lui. Senza la preoccupazione di favorire questo primo annuncio, qualsiasi iniziativa di evangelizzare risulterà sterile perché il primo annuncio è quella scintilla che porta alla conversione e inizia il processo di evangelizzazione.

Oggi: Che cosa può aiutarci a seguire e utilizzare bene le tendenze attuali e, d’altra parte, non limitarci a cercare la forma migliore?

Don Gildasio Mendes: Don Bosco ha vissuto il modo di educare ed evangelizzare partendo dalla pedagogia del cuore del buon pastore che accoglie e ama in nome di Dio. Mi piace l’espressione di Don Bosco: profondamente umano, profondamente santo. Ogni metodologia pastorale ha come centro l’esempio del Buon Samaritano. L’amore testimoniato nel servizio agli altri, specialmente verso i più poveri e sofferenti, genera sempre nuovi e attuali messaggi. Il contenuto di qualsiasi messaggio passa per questo modo di amare e servire.

Don Miguel Angel García Morcuende: Con i media si è creato un vero e proprio continente abitativo, con la vocazione di essere un luogo comune e pubblico. Se la Pastorale Giovanile non interviene in questo spazio, allora sarà responsabile della propria assenza. Abbiamo l’obbligo di riposizionarci e quindi poi di scegliere come agire. Nessuno vivrebbe il digitale se non cogliesse al suo interno spunti di crescita sia per sé, sia nelle relazioni significative che vive. Ed è per questo che i giovani sono sempre alla ricerca di uno spazio virtuale, spesso sotto forma di immagine e frasi brevi ad effetto. Ad ogni modo, il bisogno rimane quello di essere parte di qualcosa, una parte importante.

Don Alfred Maravilla: Oggi le reti sociali sono parte della nostra vita. Ci permettono di comunicare con migliaia di persone con un clic. Perciò, la sfida per ogni credente, per ogni educatore salesiano, è di utilizzare le reti sociali offrendo ai giovani contenuti che li aiutino in qualche modo ad incontrare personalmente Gesù. La nostra attuale cultura fluida cerca qualcosa di stabile che aiuta a dare un senso dove nulla è considerato permanente. Oggi le reti sociali ci offrono un’opportunità unica per affrontare questioni riguardanti la virtù, le relazioni, e la fede in Gesù Cristo. Afferriamo questa opportunità!

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