La condizione di vita, se non è peggiorata in termini assoluti dopo l’ulteriore aggravamento a causa della pandemia da Covid-19 (rispetto alla quale non si vedono risposte efficaci), è sicuramente aggravata dalla perdita di fiducia nella possibilità di vedere la luce in fondo al tunnel. Anzi, il dramma del Venezuela sembra proprio risiedere nel congelamento di ogni spazio di manovra per risolvere l’emergenza umanitaria determinatasi.
Mons. Divassón cita il suo recente incontro con una funzionaria statale in pensione, che si trova in una ristrettezza tale da non poter accedere alle cure mediche. È uno dei milioni di casi in cui i cittadini devono trovare qualche via sommersa per sopravvivere. “Le persone si arrangiano – racconta –. Si prende qualcosa e si va avanti. I salari pagati ai lavoratori sono ridicoli. Avendo superato i 70 anni, io sono pensionato, ma quanto percepisco non arriva all’equivalente di 1 euro al mese. Ho la fortuna di vivere in una comunità e insieme ci aggiustiamo, possiamo avere risorse, soluzioni da qualche altra parte. Ma la gente povera no”.
Questo spiega perché 5 milioni e mezzo di Venezuelani negli ultimi anni abbiano lasciato il Paese per emigrare altrove. La realtà è spesso ignorata, taciuta o distorta, e l’opinione pubblica internazionale non è informata di quanto accade in Venezuela. La Conferenza episcopale venezuelana ha denunciato l’assenza di reale volontà di conciliazione politica, ma non si stanca di sostenere gli sforzi di dialogo.
L’occhio del salesiano e del pastore José Ángel Divassón Cilveti si spinge a riconoscere la presenza di un filo di speranza. “Abbiamo ricevuto molta solidarietà, anche da fuori. Si potrebbe senz’altro molto di più, lo sento per la mia esperienza a Puerto Ayacucho. Ci sono molte persone dappertutto che solidarizzano, che vogliono aiutare. Bisogna trovare le modalità perché gli aiuti possano arrivare dove devono arrivare, e molti hanno coscienza di doverlo fare”.
Di fronte all’esigenza di uscire dall’attuale impasse non resta che riproporre la residua disponibilità della popolazione. Spiega il presule: “C’è un atteggiamento delle persone che è interessante: c’è fede che tutto questo cambierà, si è scoperta molta capacità di donarsi, di condividere… Così come ci sono persone che se ne approfittano per avere di più, allo stesso tempo ci sono persone con una gran capacità di condivisione, di solidarietà. Non si è persa la speranza”.
E conclude: “Bisogna dialogare, bisogna trovare un’espressione della volontà popolare. Chi deve avere l’ultima parola sono le persone, il Paese, i cittadini, ai quali dare la sicurezza di poter parlare e scegliere”.
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