Il sig. Randisi normalmente risiede a Kalulo, un villaggio in cui è arrivato poco più di un anno fa, dopo essere stato in altri villaggi dell’Angola. “Ci sono molti uccelli e foreste, banane e piantagioni di caffè. È un territorio molto ricco in Angola”. Il paese africano era una colonia del Portogallo fino al 1975, e anche se la popolazione parla il portoghese, la lingua kinbundu ancora predomina nel villaggio.
“I primi 15 anni – racconta – sono stati difficili, soprattutto a causa della guerra. Eravamo 10 missionari salesiani quando abbiamo iniziato l’opera, tutti stranieri. Oggi siamo 100 e 25 vengono da fuori, gli altri sono nativi del luogo ed è il frutto del nostro lavoro: seguono i nostri passi, è una benedizione di Dio”.
Assicura di non essersi mai pentito della vita che ha scelto, anche se ci sono stati momenti difficili. Come quando è stato quasi ucciso dalla malaria cerebrale ed è stato ricoverato un mese, di cui 10 giorni in terapia intensiva. Alle volte “ho pensato di andarmene dall’Angola, ma era un pensiero che passa” afferma.
Quando è a Kalulo si alza presto, celebra la messa e poi va a scuola, ad educare.
Ricorda i momenti tristi che ha dovuto attraversare, come quando seppelliva i morti lasciati dalla guerra, dato che la popolazione abbandonava i villaggi. O quando in un villaggio che era stato bruciato durante gli scontri trovarono, dopo due giorni, una bambina di 7 anni gravemente ustionata e agonizzante. Per fortuna furono in grado di accoglierla, guarirla, portarla in un centro per ustionati di un’altra città, così che alla fine, in 2-3 mesi riuscì a recuperare. “Sono state esperienze forti quelle che mi è toccato vivere” commenta.
Quando sua madre si riprenderà continuerà a coltivare la speranza di un mondo migliore tra i giovani angolani.