Carissimo Santo Padre e amici,
Ogni volta che incontro dei giovani, di solito faccio loro due domande.
La prima è: “Come stai?”. Spesso ricevo risposte ambivalenti, come con un animatore giovanile che utilizzava le “emoji” per descrivere i suoi sentimenti: risate all’esterno e pianto all’interno. Abbiamo sentito più volte in questa sala e nei documenti precedenti quanti di loro soffrono per famiglie disfunzionali, “anziani che giudicano”, insicurezza, pressioni da tutte le parti… Elementi che li rendono vulnerabili alla frustrazione, alla depressione e persino al suicidio.
Mentre li ascolto, non posso fare a meno di essere colpito, e mi dico: tutto questo è ingiusto. La gioventù dovrebbe essere il miglior momento della vita, il momento più emozionante, in cui tutto va schiudendosi davanti a loro con tutte le sue promesse. Che tristezza che oggi i nostri giovani siano derubati della gioia di vivere!
La seconda domanda è: “Qual è il tuo più profondo desiderio?”. Mi danno risposte varie, come: “finire gli studi”, “torvare un buon lavoro, delle sicurezze, un senso...” Lo dicono in molti modi, ma penso che l’espressione che afferri meglio tutto ciò me l’abbia data un altro giovane quando mi ha detto: “Forse non so cosa significhi la vita, ma so che è l’unica che ho e non voglio perderla. Voglio viverla pienamente”.
Questo mi ricorda il giovane ricco del Vangelo che chiedeva: “Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?” (Mc 10,17). “La vita eterna” forse non sarà l’espressione che la nostra gioventù userà oggi (sembra troppo ecclesiale e distante). Ma se dovessimo tradurre questa domanda nel loro linguaggio, penso che assomigliererebbe a qualcosa del genere: “Maestro buono, come posso vivere la mia vita al massimo?”. Vivere la vita fino in fondo - questo è ciò che ogni giovane cerca. Esplorare la vita, sperimentare e godere di tutto ciò che ha da offrire. Sfortunatamente, nella loro bramosa ricerca di gioia, spesso bussano alle porte sbagliate e finiscono per perdere la vita stessa.
Gesù non dà una risposta diretta alla domanda del giovane, ma semplicemente gli dice le condizioni necessarie per trovare la risposta: svuota il tuo cuore di te in modo da lasciare spazio a qualcosa più grande di te; cresci nella capacità di donare perché è solo nel donare te stesso, che vuol dire amare, che troverai la gioia di vivere. Questo si fa possibile grazie all’incontro con Cristo e all’accettazione della sua proposta di seguirlo (cfr. Instrumentum Laboris, n° 84).
Papa Benedetto XVI presenta perfettamente questa ricerca quando afferma: “Cari giovani, la felicità che state cercando, la felicità che avete diritto a godere ha un nome e un volto: è Gesù ...” (Discorso alla GMG di Colonia 2005). Questo è l’obiettivo e la sfida della Pastorale Giovanile: accompagnare i giovani e condurli a Gesù, il solo che può esaudire il loro desiderio più profondo, dato che Egli è venuto “perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10).
Fonte: AustraLasia
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