RMG – I missionari della 154ª Spedizione Missionaria Salesiana: Wanteilang Khyllait, dall’Ispettoria di Shillong (INS) al Brasile (BPA)

(ANS - Roma) – Un incontro apparentemente casuale in sacrestia può cambiare la vita di chi lo fa e di molte altre persone. La Famiglia Salesiana tutta lo sa bene. Ma non stiamo parlando di Don Bosco e di Bartolomeo Garelli: anche il giovane indiano Wanteilang Khyllait può dire che nella sua vita c’è un prima e un dopo l’incontro fatto con un salesiano in sacrestia. Perché lì, come oggi ci racconta, nacque la sua vocazione missionaria.

Puoi presentarti?

Sono Wanteilang Khyllait, dell’Ispettoria di Shillong (INS), e vengo da un villaggio chiamato Ladpnarrim, nello Stato di Meghalaya, nel Nord Est dell’India. In famiglia siamo in sette, compresi i miei genitori, due sorelle e tre fratelli. Sono cresciuto in una famiglia pagana e nel 2010 mi sono battezzato e ho ricevuto la Prima Comunione allo stesso tempo. Nel 2013 ho incontrato don Jose Varickaseril SDB, attraverso il quale sono venuto a conoscenza di Don Bosco e della Congregazione Salesiana e, dopo la scuola, sono entrato nell’aspirantato salesiano, per poi perseguire la mia vocazione salesiana. Attualmente sono inserito nella comunità salesiana di Mawkyndeng, per prepararmi alla mia vocazione missionaria e completare tutti i requisiti per ottenere il visto e andare in Brasile.

Cosa ti ha spinto a fare questa scelta di diventare missionario?

Il mio desiderio missionario nacque in parrocchia, quando incontrai per la prima volta un sacerdote salesiano di etnia khasi, don Patrick Warjri, di Mawroh, che lavora in Argentina come missionario. All’epoca davo una mano come sacrestano e una mattina lo incontrai in sacrestia e gli feci alcune domande sull’Argentina, il luogo, il clima, la fede, il cibo, lo stile di vita e la cultura locale. Lo ascoltavo con attenzione ed ero molto colpito dalle sue attività e dal suo ministero di sacerdote. La gente lo amava così tanto che aveva persino intitolato una strada a suo nome. Ogni giorno, quando arrivava in sacrestia, gli facevo nuove domande e lui mi rispondeva volentieri. Ero davvero ispirato dal suo lavoro, dal suo amore per la gente e dalla sua missione laggiù. Una cosa che mi colpì molto fu la crisi vocazionale in Argentina di cui mi parlava; mi disse che pochi ragazzi e ragazze accolgono la vita religiosa e che ci sono ancora molte opere da fare per la gente di quella regione. A un certo punto risposi scherzosamente: “Non si preoccupi, padre, verrò ad aiutarla laggiù”. Lui mi rispose con un sorriso e disse: “Sicuramente, abbiamo bisogno di missionari per aiutare la gente laggiù e per condividere Cristo con loro”. Così è iniziata la mia vocazione missionaria.

Sei contento del nuovo posto in cui stai andando? Hai qualche timore o preoccupazione riguardo al luogo, alla cultura o alla gente?

Ho ricevuto l'obbedienza ufficiale di andare in Brasile come missionario ad gentes, destinato all’Ispettoria di Porto Alegre. Innanzitutto, ringrazio Dio per questa vocazione missionaria e sono felice e impaziente di andare in missione. Non ho paura del nuovo luogo o della cultura, dato che già tanti missionari sono andati prima di me e continuano ad andare. Sono fiducioso che Dio non mi abbandonerà e che con la Sua presenza sarò in grado di affrontare e superare tutte le difficoltà della missione. 

Come hanno reagito familiari, amici e confratelli quando hai detto loro della tua vocazione missionaria?

Innanzitutto, mia madre non è rimasta sorpresa dalla mia decisione, perché gliene avevo già parlato dopo aver conosciuto don Patrick Warjri, il missionario khasi in Argentina. Mia madre mi ha detto che, finché faccio sempre del bene, non ha problemi ovunque io sia. D'altra parte, i miei amici e compagni di classe sono rimasti scioccati dalla mia decisione, perché non sapevano che negli ultimi sette anni mi stavo preparando per diventare un missionario ad gentes.

Che progetti e sogni hai per la tua vita missionaria?

Il mio unico progetto e desiderio è quello di mettere a frutto i doni e i talenti che ho, per i giovani, soprattutto per i poveri e gli studenti che hanno abbandonato la scuola. Voglio aiutare i giovani a scoprire i loro problemi e aiutarli a superarli, coinvolgerli positivamente nei giochi, nella vita di preghiera, nelle competizioni… e soprattutto avvicinarli a Dio.

Ha in mente qualche grande modello di missionario di cui vuoi seguire lo stile e la vita?

Ho vissuto, testimoniato e imparato molte cose dai missionari che lavoravano nella mia regione. Alcuni hanno svolto un lavoro davvero impressionante, soprattutto nell’annunciare Cristo alle persone nei villaggi più remoti. Il mio modello missionario è don Jose Varickaserril, SDB, con cui ho vissuto. Era venuto dallo Stato del Kerala per lavorare per la gente del Nord-Est dell’India. Un altro modello per la mia vita missionaria è, come ho già citato, don Patrick Warjri in Argentina.

Qual è il tuo messaggio ai giovani in merito alla scelta missionaria e alla vocazione?

Il mio messaggio ai giovani è: “Siate sempre felici di quello che avete, ovunque siate e qualunque cosa facciate. Se volete essere veramente felici nella vita, prima dovete accettare e accogliere Dio nel vostro cuore e nella vostra mente, e Dio vi aiuterà sicuramente ad essere felici. Egli può trasformare la vostra vita e aiutarvi ad affrontare l’impossibile e a realizzare grandi cose”.

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