Bassa Bresciana Occidentale, pianura da sempre vocata all’agricoltura, terra di lavoro e di fatiche, ma anche meta agognata dai malghesi bergamaschi che praticavano la transumanza autunnale per svernare con le loro mandrie nelle cascine, consumando il fieno accumulato in estate e trasformando il latte in saporiti formaggi.
Anche la famiglia di don Francesco Pezzola (Cascina Tiglio di Villachiara, 5 settembre 1924 - Hong Kong, 9 febbraio 2016) era scesa nell’Ottocento nella pianura, vista come sua “Terra promessa”, in cerca di una vita e di un futuro migliori. Il padre Domenico, ultimo dei nove figli di Giuseppe Pezzola e di Regina Plona, è stato l’unico a nascere (2 luglio 1882) al Tiglio, ancora chiamato Finiletto delle Vittorie.
Il 25 aprile 1906 sposerà la coetanea Maria Ferrari di Ovanengo, dalla quale avrà otto figli, quattro maschi e quattro femmine, nati tutti nella modesta cascina villaclarense al confine settentrionale con Orzinuovi, oggi in completa rovina. I Pezzola lasceranno quel piccolo mondo, in cui avevano vissuto per circa mezzo secolo, nel 1930 alla volta di Barco, per trasferirsi definitivamente a Orzinuovi tre anni dopo.
In questo contesto famigliare, don Francesco Pezzola è cresciuto e ha maturato la sua vocazione missionaria tra i figli di San Giovanni Bosco. Nel 1939, dopo i primi studi ad Ivrea, il giovane aspirante salesiano, fermamente sicuro della sua scelta di vita, sbarcherà a Shanghai, nella remota e agognata Cina. Resterà in quel paese, seppure in tre città portuali, per i restanti 77 anni della sua vita, insegnando nelle scuole fondate dalla sua congregazione e dirigendole, coltivando devoti della fede cattolica col solo esempio personale tra i suoi allievi, i loro famigliari e amici, preparando i catecumeni a ricevere il Battesimo tre volte l’anno: a Natale, Pasqua e all’Assunta.
Nelle comunità rurali della Bassa bresciana della prima metà del Novecento, profondamente permeate dalla civiltà contadina e dai valori etici e morali della religione, trasmessi da una generazione all’altra, erano molte le famiglie numerose come quella dei Pezzola del Tiglio. Non era raro, perciò, il caso delle vocazioni religiose, che le famiglie accoglievano come una benedizione divina, felici di offrire un figlio o una figlia alla Chiesa.
Don Bosco considerava il dono di un figlio o di una figlia alle sue congregazioni come una polizza assicurativa per la famiglia di provenienza. Egli amava infatti dire: “I membri di questa famiglia, per tre generazioni avranno il paradiso assicurato”. È quello che è toccato a don Francesco Pezzola, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita, e alla sua famiglia.
Da quando, ancora fanciullo, egli sentì a Barco dal suo catechista Angelo Bellini, parlare di Don Bosco e del salesiano conterraneo don Emilio Baggio, missionario in Cina, il grande Paese asiatico, di cui tanto si favoleggiava e ben poco si sapeva, diventò il suo chiodo fisso. Francesco voleva diventare come Baggio, che non aveva ancora conosciuto, andare dove stava Baggio e seguirne le orme fino in fondo. La Divina Provvidenza ne esaudì il desiderio e lo sostenne in ogni momento nel suo lungo apostolato. E quando, nello stesso anno il giovane Francesco Pezzola incontrò finalmente in Cina don Emilio Baggio, di dieci anni più anziano, si sentì dire da lui: “Ah sei tu Pezzola! Studia bene il Cinese!”.
I due religiosi si ritroveranno altre volte nelle loro lunghe vite di missione. Per esempio, il 5 marzo 1985, don Francesco scrive alla nipote Maria Roncali: “Ho incontrato Don Baggio a Manila e poi un mio compagno di Ivrea mi portò nella sua missione di Santa Cruz, dove sono tre sacerdoti con una parrocchia di mezzo milione di battezzati sparsi in un territorio vasto come la provincia di Brescia. È zona tropicale, quindi sempre calda. I villaggi sono all’ombra di palme di cocco e bananeti. Si può dire che l’80% della popolazione è Cristiana. Situazione assai diversa dalla nostra di Hong Kong”.
Ad ogni modo, la Cina era entrata in lui ancora prima di metterci piede e quando nel giugno del 1939 i superiori gli comunicarono la destinazione di Shanghai, parole sue, “Diventai pazzo dalla gioia”. Ogni volta che tornava in Italia per le vacanze estive, don Pezzola parlava a tutti, parenti, amici o conoscenti che fossero, della sua Cina o, meglio, dei suoi cinesi. Tanto che un giorno don Franco Bertanza si lasciò sfuggire un eloquente: “È malato di Cina”.
Non si trattava di una malattia, ma di vero amore fraterno verso un popolo laborioso e ricettivo che non conosceva il Vangelo.
Oltre che ad essere dotato di una solida preparazione dottrinale, il missionario dovette imparare le maggiori lingue internazionali e alcuni idiomi locali. Don Pezzola era un vero poliglotta, che sapeva destreggiarsi, oltre che con l’italiano e il latino, anche con l’inglese, col portoghese e il cantonese, la lingua della Cina meridionale. Ma amava molto anche la geografia, indispensabile per chi si rende disponibile a percorrere le strade del mondo nel nome di Gesù Cristo.
Se ai suoi conoscenti italiani don Pezzola voleva far conoscere la sua Cina, agli amici cinesi egli parlava spesso della sua Italia e di Orzinuovi in particolare, delle cui vicende voleva essere costantemente informato dai suoi parenti. Insomma, Cina e Italia sono state per lui le due facce della stessa medaglia.
“Nel novembre del 2021, con la pandemia di Covid-19 imperversante, ad oltre cinque anni e mezzo dalla scomparsa di don Francesco, chiesi a Maria Roncali, nipote di don Pezzola, se conservasse ancora degli scritti dello zio missionario. Il riscontro è stato esaltante: un centinaio di lettere e diverse fotografie e immagini sacre cinesi, spedite nell’arco di oltre sessanta anni dai luoghi di missione a lei e ai suoi famigliari più stretti”, racconta Paolo Zanoni, principale autore del testo.
Ulteriori ricerche sui bollettini parrocchiali di Orzinuovi, hanno rivelato altre lettere e saggi importanti di don Pezzola, e nel volume ne sono raccolte circa 110, insieme ad una cinquantina di foto. Ce n’era abbastanza per abbozzare una biografia sufficientemente completa del missionario salesiano.
Successivamente il saggio è stato rivisto e curato grazie al contributo anche di Giuseppina Zanoni, sorella di Paolo, e arricchito da Tonino Zana; ed è stato accompagnato nella sua realizzazione grazie all’intervento di don Ettore Gorlani, parroco di Villachiara, e i coniugi Angelo e Graziella Baronchelli, patrocinatori della pubblicazione.
Nell’orazione funebre letta sabato 20 febbraio 2016 dal Cardinale Joseph Zen Ze-Kiun, Vescovo Emerito di Hong Kong, oggi novantaduenne e già suo allievo a Shanghai e poi suo assistente a Macao e Hong Kong, sabato 20 febbraio 2016, il presule ha tra l’altro detto: “Don Francesco è stato un missionario tutto d’un pezzo... Nella persona di don Francesco Dio ci ha fatto vedere come vive e lavora un suo servo fedele... Don Francesco è stato un missionario felice di fare questo, di salvare anime. Siamo gratissimi a Dio e a voi, Chiese di Villachiara, Barco e Orzinuovi, che l’avete fatto cristiano e poi ce lo avete dato quale splendido missionario, missionario ad gentes, ad Sinas, ad vitam!”.
La salma di padre Francesco Pezzola riposa nel cimitero cattolico “San Michele” di Happy Valley, nell’isola di Kowloon, a Hong Kong, tra i suoi amati correligionari cinesi.
Edizioni Tipografica Fantigrafica srl, 200 pagine.
È possibile richiedere il libro “Lettere dalla Cina” contattando don Ettore Gorlani (338 39 02 761), o Paolo Zanoni (030 9947354).
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