Francia – Olimpiadi di Parigi 2024: alla scuola di Don Bosco, educare giocando, giocare educando

24 Luglio 2024

(ANS – Parigi) – Lo sport, luogo di superamento di sé e di incontro con gli altri, ha un posto centrale – insieme alle discipline artistiche e alla musica – nelle case salesiane. Figure sportive, sezioni sportive, valori e principi educativi: nelle case salesiane lo sport è ovunque. Il lancio dei Giochi Olimpici di Parigi 2024, che avverrà tra pochi giorni in Francia, è l’occasione per fare il punto della situazione.

A maggio scorso tre salesiani – Xavier, Pierre e Luc – hanno partecipato ai campionati francesi di ciclismo per chierici ad Arles. Pochi giorni dopo, una vera appassionata di basket – grande tifosa del Paris Saint-German – suor Anne-Flore, ha emesso i suoi voti perpetui tra le Figlie di Maria Ausiliatrice. Dei religiosi sportivi? O degli sportivi religiosi? Sarà forse una moda recente, in linea con una società in cui il 68% dei Francesi e dei Belgi dichiara di praticare una disciplina sportiva (+14% in dieci anni)?

Non esattamente. I seguaci di Don Bosco hanno sempre praticato lo sport e, soprattutto, hanno sempre incoraggiato i giovani a fare esercizio fisico, a giocare e a mettersi alla prova.

Al Don Bosco lo sport è ovunque. Perché l’educazione non è solo insegnamento. Educare significa risvegliare, stimolare, promuovere e aiutare a crescere. Per questo motivo, il sistema educativo salesiano lascia ampio spazio alle discipline artistiche e sportive. E sia il cortile, sia i campi sportivi hanno un ruolo importante nella vita della casa.

Alcuni dei giovani che frequentano le case salesiane dell’Ispettoria “San Francesco di Sales” di Francia e Belgio Sud (FRB) ne fanno addirittura una professione. Nella Famiglia Salesiana sono stati a lungo citati i nomi dei campioni di ciclismo Axel Merckx, figlio di Eddy e lui stesso vittorioso professionista, che è stato allievo dei Salesiani di Bruxelles; o Miguel Indurain, cresciuto dai salesiani di Pamplona; il calciatore e attuale allenatore del Real Madrid, Carlo Ancellotti, exallievo dei salesiani di Parma; e ancora il compianto nuotatore Camille Muffat (Nizza), i piloti Didier de Radiguès e Thierry Boutsen (Bruxelles Woluwé-Saint-Lambert) e il karateka Christophe Pinna (Nizza), che ha allenato alla Star Academy.

Tra i giovani atleti di oggi che “sono passati da Don Bosco” ci sono Clément Champoussin, corridore della squadra di ciclismo Arkéa-B&B Hotels (Nizza), Arnaud Gérald, campione del mondo di apnea (Marsiglia), Alizés Lassus, campione francese di mountain bike (Marsiglia), Lissandru Bertini, campione del mondo under 21 di ciclismo enduro (Nizza)... O, visto che è stato citato il PSG all’inizio di questo articolo, il calciatore spagnolo Carlos Soler (Siviglia).

In Francia, due associazioni salesiane hanno addirittura allestito strutture per ospitare atleti di alto livello: il complesso scolastico “Don Bosco” di Nizza e la scuola secondaria “Saint-Louis - Saint-Bruno” di Lione, che è entrata a far parte della rete di opere salesiane qualche anno fa e ha stretto una partnership con l’Olympique Lyonnais già nel 1988. Samuel Umtiti, Alexandre Lacazette, Corentin Tolisso, Delphine Cascarino, Maxence Caqueret e molti altri vi hanno studiato. In totale, sono state firmate 53 partneriati con dei club sportivi, che coprono 17 discipline diverse.

Dall’altra parte dei Pirenei, i Salesiani della Spagna organizzano ormai da qualche anno l’annuale “Giornata Nazionale dello Sport Educativo Salesiano”. Quest’anno, il Superiore dell’Ispettoria di Spagna-San Giacomo Maggiore, don Fernando García, ha sottolineato l’importanza dello sport salesiano come strumento educativo e pastorale ricordando il motto: “loro giocano, noi educhiamo”. Ha inoltre sottolineato il ruolo del cortile salesiano come luogo di evangelizzazione e di incontro e ha elencato i valori che lo sport può trasmettere: il valore del lavoro regolare (contrapposto al desiderio di immediatezza), l’importanza delle regole, il senso di appartenenza, ma anche lo sviluppo personale.

È così che la Fondazione Real Madrid e i Salesiani hanno deciso, 15 anni fa, di unire le forze in un progetto comune per aiutare i bambini e i giovani più svantaggiati di tutto il mondo. Il risultato è il progetto delle “Scuole Socio-Sportive”, che si svolge in ormai molte scuole salesiane e che, oltre allo sport, fornisce rinforzo accademico, supporto nutrizionale e assistenza sanitaria e psicologica. La collaborazione tra le due organizzazioni, finanziata in particolare dall’organizzazione di partite di beneficenza, ha aiutato più di 20.000 minori (bambini, adolescenti e giovani vulnerabili) in Africa, America ed Europa. Avviato nel 2010 in Senegal, con la scuola di Tambacounda, il progetto è proseguito poco dopo in America, con la prima scuola socio-sportiva in una baraccopoli, presso la scuola di Jacarezinho, vicino a Rio de Janeiro (Brasile). E dal 2012 è stata coinvolta anche l’Europa, con le scuole socio-sportive di Manique e Funchal in Portogallo. Oggi, questo sforzo congiunto comprende 21 progetti in 14 Paesi, che aiutano quasi 4.000 bambini.

Lo sport “è coinvolgimento e rispetto per gli altri, è impegno e determinazione, spirito di squadra, capacità di relazionarsi e di affrontare le sconfitte”, afferma Fiona May, ex campionessa mondiale italiana di salto in lungo e ambasciatrice della Procura Missionaria salesiana di Torino, “Missioni Don Bosco”. Nel suo primo viaggio missionario l’atleta si è recata a Mekanissa, una missione salesiana nel quartiere povero di Addis Abeba, in Etiopia. Lì, presso il Centro Don Bosco, una casa di accoglienza per oltre 400 bambini di strada, Fiona May ha giocato con decine di ragazzi del centro e ha insegnato loro le basi del salto in lungo.

Come sintetizzare in poche parole quello che può essere il contrassegno “salesiano” in questo settore? Kim Gevaert, campionessa europea dei 100 e 200 metri piani a Göteborg nel 2006, ed exallieva dell’Istituto Don Bosco di Haacht, in Belgio, ci dà la sua risposta: “Quando ero un’allieva qui, si prestava attenzione allo sviluppo completo di un bambino. La scuola cercava di far emergere i nostri talenti e noi potevamo perfezionare ciò che ci interessava di più. L’ho visto chiaramente. Ricordo ancora quando a scuola ero l'anello più debole della squadra di pallavolo (o almeno così mi sentivo). Poi sono diventata una delle migliori atlete della staffetta nazionale, eppure ero molto empatica con chi sbagliava o non dava il meglio di sé. Non ho mai puntato il dito contro nessuno perché capivo come si sentivano. Ebbene, questa empatia e umiltà l’ho acquisita qui”. 

Nicolas Bogaert e Benoît Deseure

Fonte : Don Bosco Aujourd’hui

InfoANS

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