Štěpán Trochta nacque a Francova Lhota, nella Moravia orientale, il 26 marzo 1905, primogenito dei tre figli di František e Anna Trochta, due umili contadini, di fede semplice e schietta. A 8 anni perse il padre e poco dopo sentì nascere in sé la vocazione sacerdotale, tanto da entrare nel seminario minore della sua diocesi. Sua madre, però, che lavorava da sola per provvedere ai figli, si ammalò di tubercolosi e per accudire lei e i fratelli minori Štěpán esce dal seminario. In quel periodo legge per caso un articolo sulla vita e le opere di Don Bosco, affida tutto a Maria Ausiliatrice e, una volta guarita la madre, opta per farsi salesiano.
Nell’autunno del 1923, appena 18enne, raggiunse con un avventuroso viaggio in solitaria Torino. Lì compì gli studi filosofici, seguiti da quelli teologici, realizzati a Roma, e nel 1932, venne ordinato sacerdote. Rientrò subito in patria e divenne uno dei fondatori dell’opera salesiana in quella terra: insegnando filosofia, pedagogia e religione a Frystak; fondando un’opera sociale nella città industriale di Ostrava; aprendo una “casa dei giovani” a Praga. Inoltre, gli viene assegnata l’assistenza spirituale degli scout cattolici.
Oratore ricercato, esperto di problemi giovanili e di questioni sociali, divenne una personalità di primo piano nella vita cattolica del suo Paese. Così allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale il suo nome finì nella lista delle 100 persone più influenti di Praga da eliminare per prevenire possibili opposizioni. Viene deportato nel campo di concentramento di Terezin, poi a Dachau, infine a Mauthausen. Nei registri dei nazisti venne segnato con la sigla “R U”, che significa “ritorno indesiderato”, e viene così addetto ai lavori più pesanti, aggregato a gruppi destinato a essere eliminati. A Mauthausen vedendolo ormai sfinito un nazista gli sparò a bruciapelo “per liberarlo da una lunga agonia”. Ma don Trochta non morì. Ripresi i sensi, mentre già si trovava su un carro di cadaveri avviati al forno crematorio, riuscì a lasciarsi scivolare finendo poi per essere salvato da un medico del campo.
Alla fine della guerra la sua patria era in rovina e viene pure invasa dall’Armata Rossa. Il 29 settembre 1947, Pio XII lo nominò Vescovo di Litoměřice, la diocesi più devastata della Boemia. Il seminario è distrutto, il 70 per cento delle parrocchie sono senza sacerdoti. Mons. Trochta, si mette al lavoro, nello stile del motto scelto alla sua consacrazione episcopale: Actio, Sacrificium, Caritas (Azione, Sacrificio, Amore).
Tuttavia, il regime comunista cecoslovacco gli impedì di fatto l’attività episcopale e per tre anni venne tenuto agli arresti domiciliari nella sua sede, fino a che, nel 1953, fu arrestato con le accuse di spionaggio e di “attività antistatale” e condannato a vent’anni di carcere.
Nel 1960 venne graziato, ma obbligato a trovarsi un lavoro manuale: operò come manovale muratore e addetto alla manutenzione di ascensori e di impianti igienici. Pur in questo stato, non si dimenticava della sua missione di vescovo e faceva tutto quello che poteva per i suoi sacerdoti e la diocesi.
Il 2 agosto 1968, dopo 18 anni di assenza, poté riprendere il governo della sua diocesi e il 1° settembre 1968 – in una Cecoslovacchia che aveva appena visto repressa nel sangue la Primavera di Praga – salì sul pulpito della sua cattedrale per pronunciare: “Molti di voi – disse – li vedo per la prima volta, benché io sia il vostro Vescovo da 21 anni. Ho passato anni terribili. Ho visto il fondo della malvagità umana. Ma Gesù Cristo è il nostro Redentore, oggi e sempre”.
Nel 1969, Papa Paolo VI lo nominò Cardinale, ma tenne nascosta “in pectore” la sua nomina. Solo il 5 marzo 1973, poté pubblicare la sua elevazione alla porpora, che Mons. Trochta ricevette infine il 12 aprile successivo. Visse ancora neanche un anno da cardinale; poi, consumato dalle tante croci portate e offerte con pazienza e amore, si spense il 6 aprile 1974.