I biografi riportano una simpatica conversazione di Don Bosco con la mamma del Cagliero, Teresa, quando egli le chiese il permesso di portarlo con sé a Torino; “Volete vendermi il vostro Giovannino?” le disse scherzando e lei rispose nel suo dialetto “Si vendono i vitelli, i bambini si regalano”. “Meglio ancora – ribatté lui – Preparategli un po’ di biancheria, e domani me lo porto con me”.
All’Oratorio c’era grande povertà, ma tanto amore: “I nostri dormitori, a pian terreno, erano stretti, e avevano per pavimento un selciato di pietre da strada. In cucina c’erano poche scodelle di stagno con i rispettivi cucchiai. Forchette, coltelli, tovaglioli li vedemmo molti anni dopo. Il refettorio era una tettoia. Don Bosco ci serviva a pranzo, ci aiutava a tenere in ordine il dormitorio, puliva e rappezzava i nostri abiti, e faceva tutti i più umili servizi … Facevamo vita comune in tutto. Più che in un collegio, ci sentivamo in una famiglia, sotto la direzione di un padre che ci voleva bene, e che si preoccupava solo del nostro bene spirituale e materiale”.
Quando Don Bosco decise di dare pienamente vita ad una nuova Congregazione, con regolare iscrizione e voti di povertà, castità e obbedienza, il giovane Giovanni Cagliero pronunciò quella famosa frase, rimasta negli annali, che ebbe una forza trascinante anche su altri dei giovani presenti: “Frate o non frate, io rimango con Don Bosco”.
Don Cagliero pronunciò i voti triennali il 14 maggio 1862, i perpetui, già sacerdote, il 15 novembre 1865.
Era l’idolo dei giovani. Temperamento esuberante, tutto impulsi, sentiva e comunicava agli altri la gioia di vivere con Don Bosco: lavorare, correre, donarsi. Spesso, i ragazzi, dopo la “buonanotte salesiana” di Don Bosco, si avvicinavano a don Cagliero e lo salutavano con spontaneo affetto.
Intanto Giovanni Cagliero perfezionava le sue doti musicali. Funzioni di chiesa, accademie, banda, lo resero precoce e geniale compositore. Due sue opere, Il figlio dell'esule e Lo Spazzacamino, furono elogiate da Giuseppe Verdi per la musica bella e commovente. Arrivarono anche a Corte e furono cantate dalla futura Regina Margherita. La “Messa da requiem a tre voci fu giudicata “gioiello di fede e di armonia”. Il suo maestro Cerutti la fece eseguire nella Casa Reale al funerale per Carlo Alberto.
Era vulcanico anche in questo: il 9 giugno 1868, la Messa per la consacrazione della chiesa di Maria Ausiliatrice fu cantata da tre cori: uno a due voci di ragazzi disposti sul cornicione della cupola, due cori a tre voci virili sotto la cupola e nella cantoria.
Dopo il sacerdozio, per 13 anni lavorò come salesiano diventando un fenomeno di attività e di progetti, e ricoprendo anche l’incarico di Direttore Spirituale delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Si dedicò con passione anche all’attività di composizione di musica sacra, e scrisse brani ricchi di vena melodica, che soprattutto nei primi anni (1860-70) furono una componente importante dell’ambiente oratoriano.
Nel 1875 Don Bosco gli affidò la guida del primo gruppo di salesiani che partivano in missione, con destinazione la Patagonia argentina.
Sbarcato a Buenos Aires iniziò l’apostolato fra gli emigranti italiani, che in quel periodo di grandi emigrazioni erano numerosi; aperse una parrocchia nella zona più povera della città, inoltre fondò chiese, istituti, opere salesiane; dovunque diffondeva l’ardore e la gioia salesiana.
Dopo nove anni di permanenza nel Sud America, nel 1884 Giovanni Cagliero fu consacrato vescovo e Vicario Apostolico della Patagonia, divenendo in tal modo il primo sacerdote salesiano ad assumere il servizio dell’episcopato. Venne ordinato a Torino, nella chiesa di Maria Ausiliatrice, e sua mamma Teresa a 88 anni poté avere la gioia di vederlo con le sue insegne episcopali prima di morire. Quel giorno Cagliero tenne anche nascosta la mano con l’anello vescovile tra le pieghe dell’abito finché non arrivò Don Bosco: il primo bacio toccava di diritto a lui.
Nella sua terra di missione Mons. Cagliero iniziò in grande stile l’evangelizzazione degli indigeni della Patagonia, fu costretto ad andare a cavallo, lanciava il lazo, scalava montagne, raggiungeva sperdute tribù… sempre alla ricerca di anime.
Ritornò precipitosamente a Torino appena saputo che Don Bosco era morente, e il 30 gennaio 1888 gli diede l’ultimo bacio recitandogli le ultime preghiere. Ritornò in Patagonia subito dopo i funerali.
Nel 1915 Papa Benedetto XV lo creò cardinale, a 77 anni; riconoscendogli così il merito di una vita spesa per il bene degli altri, specie in terra di missione.
Tornato in Italia per gli ultimi anni della sua vecchiaia, morì a Roma il 28 febbraio 1926, all’età di 88 anni. La sua salma, inizialmente sepolta a Roma, dietro richiesta dell’episcopato argentino riposa dal 1964 nella Cattedrale “Mater Misericordiae” di Viedma, sua prima sede episcopale.