Don Luigi Ricceri, Rettor Maggiore all’epoca della beatificazione, parlava di Don Rua come di colui che aveva guardato Don Bosco: “Don Rua è stato il secondo padre della Congregazione salesiana: dove si trova la radice della sua paternità? La foto che i confratelli di Barcellona, con un’idea geniale, hanno ricavato da un particolare di un vecchio dagherrotipo è la risposta viva e palpitante a questa domanda. Guardate bene quel volto, quel sorriso, quel senso eminente di confidenza, di fiducia. Guardate quel senso di affetto filiale, tenero. Don Rua deve tanta parte di quello che è stato a questo fatto: ha guardato sempre e con quel volto a Don Bosco. Don Rua, se viveva in Dio, viveva non meno in Don Bosco e di Don Bosco. Basta leggere le sue circolari, i suoi discorsi. Parla di Don Bosco, si riferisce a Don Bosco, si appoggia a Don Bosco, ricorda l’esempio di Don Bosco. Sempre Don Bosco. È come innestato, impastato, una sola cosa con Don Bosco. È impossibile immaginare la figura di Don Rua senza quella di Don Bosco”.
Don Francis Desramaut, insigne storico salesiano evidenziò come Paolo VI beatificando Don Rua abbia esaltato le sue virtù e le ha proposte all’attenzione del popolo cristiano. In particolare, una lo ritrae in modo singolare: l’umiltà. “Don Rua fu un umile. L’umiltà dei poveri e dei piccoli ci viene direttamente dal Vangelo. Essa rende capaci di prendere l’ultimo posto il giorno in cui si avrebbe voglia di scegliere il primo. Suo modello è il fanciullo senza pretese. Don Rua non si è mai messo in primo piano, nemmeno quando gli sarebbe stato facile farlo. Basta pensare: il capo di una Congregazione mondiale, un altro Don Bosco, un ‘santo’ prete... Il Vangelo di Gesù Cristo fa germogliare nella Chiesa degli umili. Molti rimangono sepolti nel nascondimento dal quale non hanno mai voluto uscire. È bene che alcuni tra di loro siano esaltati dal Dio del Magnificat. Essi costituiscono per i vivi un richiamo di salvezza: l’orgoglio inaridisce la terra, l’umiltà la fa rifiorire”.
Tra i presenti quel 29 ottobre c’era anche il Rettor Maggiore emerito Don Renato Ziggiotti, che testimonia: “Io Don Rua lo ricordo bene. Ero salesiano da tre mesi soltanto. Lui era già molto ammalato, e chiesi di vegliarlo una notte. Dovette venire l’infermiere per una medicazione dolorosa. Alla fine, vedendolo sveglio, gli domandai: ‘Ha sofferto, Don Rua?’ Rispose: ‘Un poco’. E io, con il fervore di un neo-professo: ‘Anche il Signore ha sofferto sulla croce’. Don Rua mi guardò, sorrise, e mi disse: ‘Bravo, Ziggiotti!’ Mi viene da ridere a pensare a quella mia ‘disinvoltura’: dare buoni consigli a un santo che sta morendo! Ma spero che anche quando arriverò in Paradiso, Don Rua mi dica: ‘Bravo, Ziggiotti!’”.
E c’era anche don Josè Vandor, oggi Venerabile, un salesiano anziano, missionario da 35 anni a Cuba e originario dell’Ungheria, che porta nel cuore la sofferenza per una comunità cristiana provata e perseguitata.
Erano presenti ancora Benedetta Vaccarino e don Andrea Pagliari, i due destinatari dei miracoli che hanno portato Don Rua sugli altari. La prima guarita improvvisamente da epilessia jacksoniana dopo essere stata portata presso la tomba di Don Rua nella cripta di Maria Ausiliatrice; il secondo, salesiano prete, guarito improvvisamente sempre per intercessione di Don Rua da versamento pleurico.
All’Angelus susseguente la Messa, Papa Paolo VI ricordò ancora Don Rua e lasciò un messaggio ancor oggi attuale: “Abbiamo nell’animo il grande gaudio della beatificazione di Don Michele Rua, e non possiamo immaginare la gloria di questi cittadini del Cielo senza ripensarli in mezzo alla nostra gioventù, piena anch’essa di gioia per aver trovato in tali uomini saggi e buoni i propri amici migliori, i propri maestri di vita. Godiamone tutti, ringraziando il Signore e raddoppiando il nostro amore per i nostri ragazzi, i nostri giovani, i nostri figli della scuola e del lavoro”.
Don Pierluigi Cameroni
Postulatore Generale delle Cause dei Santi della Famiglia Salesiana
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