All’epoca dirigeva quella scuola un salesiano di nome Carlos Armando Morales, a cui devo la mia prima e più importante formazione con i giovani. Oltre ad essere un ottimo prete, era un grande formatore di educatori. Il suo metodo era semplice: si manteneva in amichevole vicinanza, sempre pronto al dialogo. Così ogni giorno, quasi senza accorgermene, tra chiacchiere e scherzi, attraverso il suo esempio appresi piccole lezioni. Presenza, amicizia e accompagnamento, in equilibrio con il compimento dei propri doveri.
Don Bosco aveva sviluppato un metodo educativo che definì ‘preventivo’. Il suo principio attivo è la costante presenza dell'educatore tra gli studenti. La sua logica sta nel prevenire i problemi e pertanto accompagnare, dialogare, consigliare e orientare ne sono parte sostanziale. Si tratta di un metodo che fa appello alla ragione, al cuore e al riconoscimento della dignità di ogni persona nella dinamica del Vangelo. Differisce radicalmente dalla permissività sentimentalista; da un’amichevolezza buonista, che mina l’educatore autorità; dall’individualismo competitivo orientato all’efficienza; così come dalle tecniche disciplinari basate sulla punizione. Bastano poche regole, tanta presenza e l’opportuno accompagnamento.
Ho cercato di applicare il Sistema Preventivo in diverse realtà. In istituzioni religiose o laiche, tra credenti di diverse religioni, agnostici o atei e non sono mai stato deluso.
Nei luoghi in cui ho lavorato, prima o dopo mi è toccato qualche incarico direttivo. E in ogni situazione ho cercato di applicare il Sistema Preventivo. Perché basandosi sulla presenza, la ragione e il rispetto, risulta molto rispettoso dell'identità di ciascuna persona.
L'unico problema con questo metodo è che può risultare faticoso quando la vocazione vacilla, cosa non insolito in questo settore. A volte ci manca la prudenza, l’impazienza ci fa dei brutti scherzi e lo scoraggiamento rischia di soffocarci nella routine. Nel mio caso, di solito combatto questi momenti attraverso la preghiera.
Fonte: La Razón