RMG – Il nostro impegno con i popoli indigeni
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12 Febbraio 2024

(ANS – Roma) – Riportiamo di seguito la riflessione missionaria del Consigliere Generale per le Missioni, don Alfred Maravilla, per questo mese di febbraio, che ha per oggetto la pastorale salesiana con i popoli indigeni.

Per migliaia di anni i popoli indigeni hanno seguito stili di vita che hanno mostrato un grande rispetto per il Creato, perché essi lo considerano un’eredità dei loro antenati da trasmettere alle generazioni future. Per loro la terra è un dono del Creatore e degli antenati che in essa riposano, uno spazio sacro con cui hanno il bisogno di interagire per alimentare la loro identità e i loro valori (cfr. Laudato Si’, 146). Questa profonda connessione con il Creato ne ispira la cura e il rispetto e li ha portati a sviluppare un tesoro di saggezza pratica per la cura e la protezione dei fragili ecosistemi e dei potenziali benefici delle erbe e delle piante per il corpo umano. Essi hanno sviluppato un forte senso della famiglia e della comunità e hanno legami che onorano gli anziani e si prendono cura dei più piccoli. Le loro credenze tradizionali, le pratiche culturali e la visione del mondo esprimono il riconoscimento di un Essere Supremo. Alcune delle loro pratiche culturali e superstizioni potrebbero sminuire la dignità umana, mentre i loro numerosi costumi e tradizioni danno grande importanza ai valori sociali incentrati sull’attenzione per gli altri. In effetti, la loro ricchezza è anche la nostra!

Tuttavia, i popoli indigeni sono stati spesso fatti sentire come estranei e sgraditi nella loro terra, con scarsa attenzione alle loro esigenze specifiche. In molte parti del mondo, il disboscamento, l’estrazione mineraria su larga scala, il traffico di esseri umani e i progetti infrastrutturali causano danni irreparabili alle comunità e alle culture indigene, gravi violazioni dei diritti umani e persino la morte di coloro che si oppongono a questi progetti. Spesso i governi scelgono di essere ciechi e sordi alle grida dei popoli indigeni che dipendono dalle foreste e dalle loro terre agricole per il loro sostentamento e la loro stessa esistenza. Il loro diritto di rivitalizzare, utilizzare, sviluppare e trasmettere alle generazioni future le loro culture, le loro lingue, le loro tradizioni e la loro visione del mondo non è spesso garantito!

Nel corso della storia numerosi vescovi, sacerdoti, religiosi e fedeli laici hanno dato la loro vita in difesa della dignità dei popoli indigeni, affinché potessero conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo. Hanno condannato la violenza, l’oppressione, l’ingiustizia sociale e la schiavitù. La Chiesa Cattolica ha sottolineato che la “dottrina della scoperta” - una teoria che serviva a giustificare l’espropriazione da parte dei colonizzatori delle terre indigene dai loro legittimi proprietari e concedeva tali “diritti” alle potenze colonizzatrici - non ha mai fatto parte del magistero della Chiesa Cattolica. Tuttavia, è un dato di fatto che i documenti della Chiesa di allora non sempre riflettevano adeguatamente la pari dignità e i diritti dei popoli indigeni. Per questo motivo, spesso venivano manipolati a fini politici dalle potenze coloniali in competizione tra loro. Allo stesso modo, la maggior parte dei colonizzatori aveva l’idea che una cultura (in particolare loro cultura europea) fosse superiore alle altre. Di conseguenza, alcuni consideravano legittimo ricorrere a metodi di “civilizzazione” o di coercizione delle popolazioni indigene. Gli atti immorali contro di loro sono stati compiuti, a volte, senza l’opposizione dei leader religiosi (cfr. Dichiarazione sulla Dottrina della Scoperta, n. 2-9). Pertanto, “è necessario riconoscere in tutta sincerità gli abusi commessi a causa della mancanza di amore da parte di quelle persone che non sono state in grado di vedere i popoli indigeni come loro fratelli e sorelle, come figli dello stesso Padre”. (San Giovanni Paolo II, Santo Domingo, 13 ottobre 1992).

La nostra sollecitudine per i popoli indigeni non è a sostegno di alcuna ideologia, né di gruppi di lobby. È invece radicata nella nostra identità fondamentale di creati a immagine e somiglianza di Dio, che è più profonda di qualsiasi identità indigena. Da ciò derivano i loro diritti basati sulla loro origine o identità indigena. Pertanto, la Chiesa abbraccia i popoli indigeni con le loro culture affinché possano scoprire i punti di accordo tra i loro valori e tradizioni indigene e gli insegnamenti di Gesù Cristo. Questo dialogo ci insegna ad apprezzare la nostra inalienabile responsabilità di preservare l’ambiente, le risorse naturali, la nostra cultura e le nostre tradizioni nel modo eccellente in cui loro lo hanno fatto. A loro volta, essi sono aiutati a scoprire i riflessi del “raggio di quella Verità che illumina tutti” (Nostra Aetate, 2) nei loro valori, culture e tradizioni indigene.

Il programma e il servizio più importante per i popoli indigeni è aiutarli a diventare pienamente umani, secondo l’immagine che Dio ha di noi e a cui ci chiama. Ciò comporta anche l’invito all’amicizia con Gesù Cristo, che umanizza pienamente le persone, le rende integralmente dignitose e porta a compimento ogni cuore e tutta la vita (Querida Amazonia n. 62-65, 76). Don Bosco inviò i suoi missionari presso gli indigeni della Patagonia. In seguito, altri salesiani lavorarono tra altre popolazioni indigene. Oggi i salesiani promuovono e preservano attivamente la loro identità istituendo musei culturali, scrivendo dizionari e libri e promuovendo attività e programmi che favoriscono la loro evangelizzazione integrale. In effetti, il nostro lavoro tra i popoli indigeni è un’importante espressione dell’impegno salesiano per i poveri e gli emarginati.

Per la Riflessione e la Condivisione

1. Cosa posso imparare dai popoli indigeni?

2. In che modo possiamo contribuire a promuovere l’evangelizzazione integrale dei popoli indigeni?

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