di don Jorge Crisafulli, SDB
San Francesco d’Assisi inviò i suoi fratelli a predicare dicendo: “andate e predicate il Vangelo. Se è necessario, usate le parole”. Santa Madre Teresa Calcutta diceva: “Predicate senza predicare”. Quando si tratta della misericordia, non servono le parole, ma le azioni, la testimonianza della vita.
Come Missionario Salesiano, sono convinto che il primo compito della Chiesa e della Comunità Cristiana è annunziare la misericordia, proclamare ai quattro venti che il nostro Dio è un Dio "ricco di misericordia" (Ef 2,4); ma non basta predicare con parole, pubblicare video interessanti sulle reti sociali e insegnare alla gente che cosa è l’attributo divino della misericordia. Forse – e ho il coraggio di dirlo anche se mi scomunicate – il peccato più grande della Chiesa di oggi, nel mondo attuale, è riempirsi la bocca della misericordia e alla fine metterla in pratica molto poco. Predichiamo la misericordia e allo stesso tempo siamo estremamente duri e rigidi con i poveri, con i “peccatori”, con gli ignoranti e con gli emarginati di questo mondo.
Qui al Don Bosco Fambul – nella nostra missione di Sierra Leone – siamo tutti i giorni a contatto con la sofferenza dei poveri, dei piccoli, dei diseredati, i dimenticati e gli umiliati, le vittime della violenza, quelli che soffrono, gli esclusi ingiustamente, gli afflitti, quelli che piangono, i peccatori, quelli caduti in disgrazia, i prigionieri...
A Fambul siamo 5 Salesiani e un gruppo di 80 laici e abbiamo gradualmente imparato che non ci sono ragazzi e giovani cattivi – così pensava Don Bosco – ma ragazzi e giovani a cui nessuno mai ha detto che "potrebbero" essere buoni e perfino santi. Con pazienza e gentilezza li stiamo aiutando, questi ragazzi e questi giovani, a capire che c'è sempre la possibilità di ricominciare, di dare un nuovo significato alla vita, di offrire a Dio un piccolo spazio nel cuore per cominciare a vivere con responsabilità la propria vita, vissuta come un dono di Dio e al servizio degli altri.
Questa è la storia di Alfa.
Qualche giorno fa dormivo profondamente, quando alle 2 del mattino è squillato il telefono. Era una chiamata di emergenza: di fronte alla Cattedrale c’era un giovane uomo insanguinato e privo di coscienza. Aveva un braccio rotto, il volto sfigurato per dei colpi, un orecchio tagliato a metà e, su tutto il corpo, molti tagli e colpi. A tutta velocità, lo abbiamo portato all’ospedale. Le infermiere e il medico di turno ci hanno detto che per i segni che aveva addosso doveva essere un ladro che era stato sorpreso "in flagrante delicto", e che era vivo per miracolo. Qui il ladruncolo è giudicato e condannato a morte sulla strada; mentre i veri ladri e corrotti, vivono impunemente nelle loro case.
Alpha, il “ladro braccato”, aveva i pantaloni e la maglietta avvoltolati (così fanno quando entrano per rubare), gli avevano fatto diversi tagli con un machete per lasciarlo contrassegnato (in modo che la comunità possa riconoscerlo come ladro in futuro) e gli avevano rotto un braccio come avviso (cioè, non rubare).
L’infermiera mi diceva: “Padre, perché spreca tempo e denaro per questa gente? Sono una piaga sociale. Lasci che marciscano in prigione”. Le ho risposto con tutta la saggezza salesiana che si può avere alle 3 del mattino: “Sappia, sorella, noi di Don Bosco Fambul, crediamo nei giovani. Sappiamo che in ognuno di essi c'è una fibra di bene e che ‘per Dio nulla è impossibile’. La sua grazia può fare, in un istante, di un ladro, un santo”. Mi ha guardato incredula, come per dirmi: “Carina questa, ma tu sei un ingenuo!” ... e ha continuato a suturare l’orecchio “mozzato” con indifferenza e, sia detto di passaggio, senza l’utilizzo di qualsiasi anestesia.
Alpha, con il suo volto sfigurato non ha emesso alcun lamento. Fissava i suoi occhi sui miei. Mi sono venute le lacrime, non tanto per il dolore della sua ferita “cucita” senza anestesia, ma per la profonda tristezza che mi trasmettevano i suoi occhi. Alle 5:30 del mattino lo abbiamo portato a casa nostra e gli abbiamo dato un piatto di cibo, medicinali per lenire il dolore e una stuoia per dormire.
Alfa ha 22 anni, è un orfano e ha la tubercolosi. Già ha iniziato il suo trattamento e vuole studiare per apprendere una professione e cambiare il suo stile di vita. Oggi, il suo volto sfigurato è tornato alla normalità, e sono riuscito a scoprire tanta bellezza interiore attraverso i suoi occhi. Quando il suo braccio sarà guarito, potrà iniziare a studiare per imparare una professione in un laboratorio di Freetown e un operatore sociale lo accompagnerà settimanalmente nel suo processo di riabilitazione.
Come diceva Don Bosco, non ci sono ragazzi cattivi. Questi sono ragazzi a cui nessuno ha mostrato il potenziale di amore e di bontà che esiste nel loro cuore. E d’altra parte, che differenza c’è tra Alpha e me? Nei suoi occhi vedo me stesso e con il suo silenzio mi sta dicendo implicitamente che nel mio cuore c'è anche un immenso potenziale per il bene e per il male, per la violenza e per la pace, per l’egoismo e per la dedizione.
San Giovanni Crisostomo, un Padre della Chiesa, ha detto che “l'amore per il prossimo è la madre di ogni bene e il segno distintivo del cristiano”. Ha detto che senza la carità, tutte le nostre preghiere, rosari e messe non servono a niente; che la misericordia è meglio di qualsiasi altra pratica di virtù o penitenza, meglio anche del martirio; e che “senza verginità si può guardare Dio, ma senza misericordia, no”.
Gesù chiama “beati” i misericordiosi, perché riceveranno misericordia. Dietrich Bonhoeffer – teologo protestante tedesco, martirizzato dai nazisti – ha scritto di chi è misericordioso: "Sentono un amore irresistibile per i bambini, i malati, i miseri, gli umiliati, per le vittime della violenza, per coloro che soffrono, per tutti coloro che sono esclusi ingiustamente, per tutti coloro che sono in difficoltà e nel dolore. Nessuna afflizione è troppo profonda, nessun peccato è troppo terribile, per presentarlo alla misericordia. Le persone misericordiose regalano il proprio onore per i disonorati e prendono su loro stessi il disonore di costoro. Si adattano a trovarsi accanto ai pubblicani e ai peccatori e si fanno carico volentieri dell’ignominia di frequentare la loro compagnia… Conoscendo una sola dignità e un solo onore: la misericordia del loro Signore, la sola cosa di cui vivono… La misericordia del Crocifisso”.
Don Bosco e Santa Madre Teresa di Calcutta sono un esempio di tutto ciò.
Vi lascio con questo auspicio: che il buon Dio possa “bagnare” il nostro cuore con la stessa misericordia del suo Figlio Crocifisso; e che attraverso il nostro corpo, il nostro cuore, i nostri occhi, i nostri piedi e le nostre mani, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo continui a benedire tutti i crocifissi di questo mondo!