Qual è stata la parte più bella dell’esperienza?
È stata la possibilità di conoscere le diverse prospettive presenti in Arizona: quella dei migranti che hanno attraversato il confine, dei membri della “Kino Border Initiative” (le organizzazioni cattoliche che soccorrono i migranti), dei nativi americani della tribù Tohono O’odham, degli agenti della “Border Patrol” (la pattuglia di frontiera), del difensore d’ufficio nei processi… Ogni giorno le attività erano diverse, e ogni giorno ho sicuramente imparato qualcosa di nuovo. Poter fare ogni giorno qualcosa di nuovo è stato sicuramente una spinta ad uscire dalla mia “zona di comfort”.
Com’era l’équipe con cui hai lavorato?
È stata davvero incredibile. Venivamo tutti da contesti diversi, ma avevamo tutti qualcosa in comune. Siamo partiti senza sapere cosa aspettarci ed aperti all’esperienza. E’ stato bello quando condividevamo le impressioni sulle attività della giornata.
Che tipo di persone hai incontrato?
Ho incontrato ogni genere di persone: studenti e personale della scuola che ci ha accolto, la “San Miguel High School”, migranti in cerca di asilo, nativi americani che ci ha accolto nella loro terra, persone che gestiscono organizzazioni per aiutare i migranti che attraversano la frontiera fornendo riparo, vestiti, cibo, acqua e informazioni… È stato fantastico incontrare tutte queste persone. Erano tutti consapevoli dei problemi che si verificano alla frontiera e tutti stavano lavorando, in modi diversi.
Cosa ti ha sorpreso dal punto di vista culturale?
La cosa che più mi ha sorpreso sia a Nogales, sia a Tucson, sempre in Arizona, è il numero di residenti che hanno commentato il fatto che non ci sia nessuna crisi in corso. Vivono nella zona e sono testimoni di ciò che realmente accade e dicono che non c’è crisi.
Che cosa è stato difficile?
La parte più difficile per me è stata vedere come vengono trattati i migranti nell’aula per la Semplificazione delle Operazioni. La Semplificazione delle Operazioni (Operation Streamline) è qualcosa di cui non avevo mai sentito parlare prima di partecipare al programma “El Otro Lado”. Pensavo di essere pronta a quello che stavo per vedere, ma non lo ero. Stavo seduta in aula a guardare come 16-18 migranti entrano tutti insieme, formano un’unica fila, incatenati alle mani, alla vita ai piedi, sentendo il giudice chiamarli per nome e sentendo le catene sferragliare mentre camminano...
Tutto ciò che riguarda il processo di espulsione dei migranti è davvero straziante! Ogni sentenza dura circa 30 secondi a persona. I migranti hanno solo un’ora circa per parlare con il difensore d’ufficio loro assegnato, sentire i loro diritti negli Stati Uniti e decidere se vogliono dichiararsi colpevoli o non colpevoli per l’ingresso. I difensori pubblici informano i migranti che se scelgono di dichiararsi non colpevoli molto probabilmente non vinceranno e saranno tenuti in carcere per sei mesi o più, fino al processo. Mentre le file di 16-18 migranti per volta entrano, altri 45 o più sono in attesa di ricevere la sentenza. Questo processo avviene ogni giorno, e centinaia di migranti si dichiarano colpevoli, il che significa che vengono condannati con un reato registrato.
È stato davvero difficile stare lì a guardare queste persone, che hanno appena varcato il confine e che sono state nei centri di detenzione in attesa di essere processate, mentre sono lì in quell’aula, dove ricevono degli auricolari per ascoltare le parole del giudice in spagnolo, e dove alle volte alcuni parlano pure un dialetto diverso e non capiscono niente.
In che modo tu puoi continuare a sostenere il lavoro in corso nella zona?
Quello che posso fare è diffondere la voce su questo viaggio. È stato un viaggio educativo, e mi sono resa conto di tutte le organizzazioni che aiutano i migranti e dei conflitti che il muro porterebbe. Inoltre, non ero a conoscenza della tribù Tohono O’odham.
Raccontare ad altri quello che ho imparato può portare molto lontano!
Cosa ti ha insegnato Dio da quest’esperienza che ti porti dietro nella vita quotidiana?
Dio mi sta insegnando ad essere aperta verso tutto ciò che faccio, ad essere consapevole di ciò che faccio, e ad essere accogliente verso tutti, perché non conosco la loro storia.
Come vorresti che andasse avanti quest’esperienza?
Voglio ricordare questa esperienza come un’esperienza positiva e indimenticabile, perché è qualcosa che accade ogni giorno. Non è qualcosa di cui è facile sentir parlare, ma tutto quello che possiamo fare è sperare per il meglio e fare qualcosa al riguardo.
In che modo Dio ha cambiato il tuo modo di guardare il mondo?
Dio ha confermato la mia visione del mondo, perché la vita non è facile e a volte è ingiusta, ma dobbiamo avere fede nel fatto che Dio conosce tutto, che le cose miglioreranno e che le battaglie da sostenere non sono finite.
Fonte: “Wolfpack Wire” – Rivista dell’istituto “Don Bosco Cristo Rey” di Takoma Park, Maryland, USA