Aveva mai immaginato di interpretare la vita di qualcuno legato alla fede?
A dire la verità, non è la prima volta che interpreto qualcuno che ha qualcosa a che fare con la Chiesa. A 15 anni ho fatto teatro nella cappella che frequentava mia madre e interpretai alcuni santi, come San Gabriele dell’Addolorata, tra gli altri. E poi, cose della vita, più di cinquant’anni dopo mi ritrovo faccia a faccia con Artemide Zatti.
Cosa ha provato dopo la chiamata di don Campoli che la confermava per questo ruolo?
Beh, quando Ricardo mi ha chiamato, ho avuto una paura terribile. È stata una sfida e una grande responsabilità. Ho interpretato molti personaggi in tutta la mia vita, ma questo è stato speciale. La persona di Zatti e la sua storia hanno generato in me qualcosa di diverso.
Come è stato il processo di mettersi nei panni del personaggio?
All'inizio ho studiato la sua storia, la sua vita, e non è stato molto difficile entrare nella sua essenza: era un uomo che faceva tutto con amore, uno sguardo, un gesto, una parola. Questa era la mia sfida, quella di entrare in contatto con l’essenza di Zatti, che implicava anche entrare in contatto con quei valori che molte volte sono stati relegati o addormentati nella mia vita. Uno dà priorità alle altre cose senza rendersi conto di che ciò che è vero, che è stare con l’altro, occuparsene, prendersene cura. Sentire e offrire quell’amore. Ho cercato di entrare così in contatto con queste realtà, e poi anche la professionalità degli altri attori mi ha aiutato ad approfondire il mio personaggio.
Come ha fatto a restare nel personaggio giorno per giorno?
Il teatro è diverso dal cinema: nel primo bisogna vivere il “qui e ora” mentre si recita con quella verità scenica. Invece nel cinema c’è una telecamera, non è la stessa cosa; ma vedere il contesto, lavorare con gli attori, e la cura dei tecnici mi ha aiutato molto a entrare nel personaggio. L’amore e la cura dell’altro sono stati una parte essenziale per l’interpretazione quotidiana.
Nella vita di Luis Mancini, la vita di Zatti ha ancora un impatto?
Certamente, e in molte cose. Soprattutto in quello che quest’uomo cercava, entrare in contatto con amore con le persone che mi circondano. Lo vedo ancor di più ora, in questi momenti che ci tocca vivere, in cui gli infermieri per pura vocazione lasciano tutto per servire negli ospedali.
Carlos Llorens