Ecuador – Fausto e David, un “sì” a Dio e ai giovani per sempre

(ANS – Quito) – Dopo diversi anni di formazione e di discernimento, Fausto Siavichay e David de la Cruz hanno deciso di dire “sì” per sempre a Dio e al lavoro pastorale nello stile di Don Bosco. Con la professione perpetua, che hanno emesso lo scorso 25 gennaio, si sono impegnati a condurre una vita casta, povera e obbediente al servizio della Congregazione Salesiana e della Chiesa. Qualche giorno prima di questa tappa fondamentale della loro vita, Fausto e David hanno raccontato il significato di questo evento nel loro cammino di formazione come religiosi.

Che cosa significa fare le professione perpetua?

Fausto: È un "sì" generoso che stiamo dando a Dio fin dalla Prima Professione, che abbiamo rinnovato ogni anno e che ora diventa un “sì” definitivo, dopo aver fatto un percorso, un accompagnamento con il nostro confessore, il Direttore della casa e il direttore spirituale.

David: È un “sì” generoso su cui stavamo lavorando ed è una risposta prima di tutto a Dio, e da lì un invito a vivere in comunità, a lavorare con i giovani.

In vista della celebrazione, cosa volete chiedere a Dio?

Fausto: Chiedo a Dio di aiutarmi a trovare segni di vita, come quelli che ho trovato nella comunità e tra i giovani destinatari; loro mi hanno aiutato molto a dire “sì”.

David: In tutto questo tempo, gli ho chiesto due regali speciali: il primo è la trasparenza. Il secondo è la fedeltà.

Questo “sì” per sempre a Dio, come lo metterete in pratica nel vostro apostolato?

Fausto: Questo “sì”, come abbiamo detto, è definitivo, ma dobbiamo continuare a costruirlo ogni giorno, attraverso l’Eucaristia, l’accompagnamento, i colloqui e le confessioni.

David: Si tratta di continuare ad essere un contributo alla mia comunità e ai miei confratelli, nell’apostolato, incoraggiando anche con qualche parola, anche se io sono un tipo di poche parole, e a me piace lavorare molto. 

Un messaggio per i giovani che si sentono attratti dalla vita consacrata...

Fausto: Prima di tutto, che facciano un’esperienza, che lavorino un po’ con la gente… Devono fare esperienze quotidiane, ma soprattutto devono lasciarsi accompagnare e scoprire i piccoli segni in ogni momento. Dio sarà lì ad accompagnarli.

David: La prima cosa che direi loro è che alle volte le persone pensano che essere religiosi sia qualcosa solo per chi va a Messa o è santo… Ma nel mio caso non è stato così. È una chiamata di Dio e Lui può chiamare qualsiasi persona, con tutti i suoi talenti, ma anche tutte le sue debolezze. Da lì, ognuno ha la possibilità di dare seguito a quella chiamata.

Fonte: Ufficio di Comunicazione Sociale dell’Ecuador

InfoANS

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