di Antonio Labanca
Don Rafael Bejarano, SDB, Jovana Ruiz e Claudia Yazmin hanno consentito agli oltre cento partecipanti al convegno “Cicatrici di guerra. Matrici di pace” organizzato da Missioni Don Bosco, di venire a contatto diretto con il piano di reinserimento sociale che riguarda gli ex bambini soldato della “interminabile” guerra che dal 1954 al 2016 ha insanguinato il Paese latinoamericano.
Assieme a loro hanno contributo Bruno Desidera, giornalista, che ha ricapitolato la storia del conflitto, prima anche ideologico e poi solo militare, fino all’arduo raggiungimento di un cessate il fuoco purtroppo non ancora rispettato da tutte le formazioni in campo; e Alessia Andena, che ha riportato le impressioni della visita di Missioni Don Bosco a settembre 2017 a Ciudad Don Bosco e spiegato le ragioni del sostegno che questa organizzazione dà convintamente a quel progetto educativo.
Don Bejarano è il Direttore della struttura di accoglienza situata a Medellín, città “di confine” con il territorio un tempo occupato dalle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia (FARC). Ha ringraziato coloro che sostengono Ciudad Don Bosco dall’Italia perché hanno compreso che la cura rivolta agli adolescenti e ai giovani fuggiti o salvati dalle squadre di combattenti (in oltre 15 anni, la media di un centinaio all’anno) costituisce uno degli elementi di possibile pacificazione profonda della Colombia.
Il referendum che in prima battuta respinse l’accordo di pace fra governo e FARC del 2016 è un indice preciso di quanto il perdono reciproco faccia fatica a sposarsi con le esigenze di giustizia. Eppure, come ha spiegato efficacemente Claudia Yazmin rispondendo a una precisa domanda dal pubblico, il compromesso fra l’esigenza di giudicare chi ha commesso atrocità e la possibilità di rendere irreversibile il ritorno a una normale vita civile è la sola via possibile. E i giovani che escono da Ciudad Don Bosco possono essere i promotori di un atteggiamento dei Colombiani che guardi al futuro.
Jovana Ruiz ha illustrato le tappe del cammino proposto dagli educatori Salesiani agli ex bambini soldato: la prima fase è quella della conquista della fiducia, un dato non scontato per persone che hanno dovuto imparare a diffidare di chiunque, a non poter considerare amico neppure il compagno di stanza. E poi la “capacitazione”, termine ricalcato dalla lingua spagnola, che esprime efficacemente quel cammino di recupero dei percorsi scolastici interrotti e che passa attraverso pratiche di acquisizione della consapevolezza di sé manomessa da anni di ubbidienza cieca degli ordini militari. Infine il ritorno: nella famiglie – quando possibile e con modalità dettate da prudenza – e alla vita sociale, attraverso tirocini e inserimenti lavorativi con l’affiancamento degli educatori.
Il Presidente di Missioni Don Bosco, sig. Giampietro Pettenon, SDB, ha salutato i presenti al convegno a Valdocco e gli amici che lo hanno seguito in diretta streaming attraverso il sito dell’associazione. Ha spiegato che l’obiettivo dei Salesiani nel mondo è sempre quello di offrire opportunità di crescita e di inserimento sociale ai ragazzi in maggiori difficoltà. Questo spirito si trova in ciascuno dei progetti di formazione professionale sparsi nei cinque continenti.
Elisabetta Gatto, antropologa in forza a Missioni Don Bosco, che ha preparato e moderato il convegno, ha commentato che il “modello” presentato per la Colombia potrà essere validamente proposto anche in altri Paesi dove conflitti ultradecennali e ostilità radicali sembrerebbero non lasciar spazio ad alcuna speranza di pace.
Per ulteriori informazioni: Missioni Don Bosco