Già nel IV secolo il cristianesimo era presente in questa parte dell’Asia centrale, il più grande Paese al mondo senza sbocco sul mare, oggi conosciuto come “Kazakistan”. Il francescano Guglielmo di Rubruck viaggiò per il Kazakistan nel 1254 e incontrò Möngke Khan e Sartaq Khan, pronipote di Gengis Khan. Alcuni anni dopo Papa Nicola III istituì la diocesi di Kipchak, nella steppa di Kipchak. I Kipchak praticavano il tengrismo, ma alcuni di loro si convertirono al cristianesimo.
Paradossalmente fu Joseph Stalin, come leader dell’Unione Sovietica, a causare un grande aumento della popolazione cattolica del Kazakistan, attraverso la deportazione di cattolici di etnia polacca, tedesca e lituana e del loro clero nei campi di concentramento del Paese. Alcuni di questi sacerdoti contribuirono a fondare la Chiesa, al cui interno la lingua più utilizzata è il russo.
Nel 1960 c’erano due chiese cattoliche ufficialmente registrate. Dopo la caduta del comunismo, nel 1991, Papa Giovanni Paolo II ha istituito un’Amministrazione Apostolica per tutta l’Asia centrale. Ma, alla caduta del muro di Berlino molti cattolici tedeschi sono tornati in Germania, diminuendo la popolazione cattolica. Nel 1997 gli altri Paesi dell’Asia centrale divennero amministrazioni apostoliche separate. Nel 1999 Papa Giovanni Paolo II divise il Kazakistan in una diocesi e tre amministrazioni apostoliche. Nel 2003 Papa Giovanni Paolo II ha elevato la diocesi di Astana, la capitale, ad arcidiocesi, e Almaty e Karaganda a diocesi. Nel 2020, 104 sacerdoti e 133 suore servivano 81 parrocchie in tutto il Paese.
Il Kazakistan è uno Stato laico la cui Costituzione garantisce la libertà religiosa. È vietata la “discriminazione su base religiosa” e a tutti è assicurato il “diritto di determinare e indicare o meno la propria appartenenza etnica, partitica e religiosa”. Il recente censimento indica che la popolazione complessiva è di 20.075.271 persone. Il 69,3% è musulmano e il 17,2% è cristiano. La libera pratica del credo religioso e l’istituzione della piena libertà di culto hanno portato ad un aumento dell’attività religiosa. Dal 1990 sono state costruite centinaia di moschee, chiese e altre strutture religiose nel giro di pochi anni. Ci sono conversioni tra i “musulmani culturali” e i “cristiani culturali”, poiché la conversione è un diritto costituzionale garantito.
L’Amministrazione Apostolica di Atyrau è una zona pastorale sui iuris che copre la parte occidentale del Kazakistan, al confine con Russia, Turkmenistan e Uzbekistan. Ha 7 parrocchie distribuite su un’area di 736.612 chilometri quadrati (più di 2 volte l’Italia). La maggior parte dei giacimenti petroliferi del Paese si trova in questa parte occidentale. I cattolici rappresentano lo 0,1% (2.650) della popolazione del Kazakhstan occidentale. In molti giovani di oggi c’è un desiderio di trascendenza e una ricerca di qualcosa che non si riesce a identificare. Pertanto, la situazione attuale è un ottimo terreno per il primo annuncio del Vangelo e per la pastorale per rafforzare la fede dei pochi cattolici.
A differenza di altre diocesi, la Chiesa di Atyrau è davvero agli inizi. Le 7 parrocchie dell’Amministrazione Apostolica sono piccole e lontane l’una dall’altra. Alcune sono solo in case senza un vero e proprio edificio di culto. La sfida è ora quella di raggiungere quelli di lingua kazaka. Infatti, alcune di queste parrocchie si trovano in luoghi dove il 70% è di etnia kazaka. Nell’Amministrazione Apostolica lavorano sacerdoti diocesani provenienti da Polonia, Slovacchia e Filippine. C’è solo un gruppo di suore che lavora ad Atyrau.
L’Amministratore Apostolico ha spiegato che ha cercato senza successo l’aiuto delle Congregazioni religiose maschili e femminili nel promettente, ma impegnativo lavoro di primo annuncio. Ha condotto don Maravilla a visitare alcune parrocchie e ad incontrare alcuni parrocchiani e giovani. “Ho visto la necessità di raggiungere i giovani, molti dei quali sono alla ricerca di qualcosa a cui non sanno dare un nome”, ha spiegato il Consigliere Generale.
Durante i loro colloqui ha spiegato all’Amministratore Apostolico i criteri della Congregazione per accettare ad aprire una nuova presenza in un Paese e i destinatari preferiti dei Salesiani di Don Bosco: i giovani, soprattutto quelli poveri, emarginati e in pericolo. “Sono venuto solo per una visita esplorativa. Spetta all’Amministratore Apostolico fare il passo successivo”, ha proseguito. Don Peter Sakmár ha assicurato che questi criteri e le condizioni presentate dal Consigliere Generale per le Missioni saranno discussi nel loro Consiglio Presbiterale.
“Il resto lo lasciamo allo Spirito Santo, che soffia dove vuole”, ha concluso don Maravilla.
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