La Sierra Leone può essere considerato il paradigma di ciò che può significare la peggiore epidemia di Ebola della storia per un paese, per una popolazione, al di là della malattia stessa e della devastazione causata in Africa occidentale tra il 2014 e il 2015, con migliaia di morti.
Le conseguenze del post-Ebola sono altrettanto terribili e sono riuscite a precipitare l’intero paese indietro di decenni. Agenzie internazionali e organizzazioni non governative, come la Procura Missionaria Salesiana di Madrid, cercano di affrontare non solo la malattia, ma anche questi gravi conseguenze. Ma la lotta è complicata e prevede molti fronti.
La mostra è stata aperta venerdì scorso, 22 aprile e si propone di mostrare la realtà attuale e le conseguenze sociali della malattia, ora che l’epidemia è stata messa sotto controllo.
I sopravvissuti restano comunque segnati dallo stigma. I testimoni spiegano come tornare a casa sia un calvario, quasi nessuno vuole prendersi cura degli orfani dell’Ebola e gli operatori sanitari e i becchini vengono rifiutati da amici e vicini di casa. Bisogna capire che non finisce tutto con l’ultimo paziente e che il virus può ri-germogliare in qualsiasi momento, in futuro, come nei recenti casi registrati in Liberia, un paese che era già stato dichiarato libero dalla malattia. Bisogna essere preparati a contenere il virus, ma anche a fare quello che è necessario fare successivamente. I paesi colpiti sono deboli, con molte mancanze ed equilibri facili da rompere.
Lo scopo della mostra fotografica è informare e sensibilizzare la popolazione e, contemporaneamente, colmare il divario che esiste nelle informazioni su questo tema nei media, che dopo i titoli sull’epidemia sembrano aver già dimenticato la gravità e i danni che perdurano tra la popolazione.