Don Lunkenbein “era un a sacerdote a tutto tondo. Un fratello maggiore. Un direttore molto semplice. Un sacerdote vicino alla sua gente”. Come ha scritto don Gildasio Mendes, Ispettore di Brasile-Campo Grande, “il martire destabilizza, ricostruisce, è libero di proclamare il messaggio del Vangelo. È accanto a coloro che soffrono, profetizza, grida e il suo grido è per amore. Si espone con i grandi e qualche volta sembra così fragile e ritenuto imprudente. L’unica cosa che comprende è la ragione per amare, per dare la vita. Il martire si dà, perché sa che la testimonianza è la forza più chiara per predicare il Vangelo. Questa era la vita di don Rudolf”.
Non a caso il motto sacerdotale di don Lunkenbein era. “Sono venuto per servire e dare la vita” frase che esprime “la profonda convinzione del patto di amore con Cristo e con gli indigeni a cui ha donato la vita”. Don Rudolf era un uomo ricco di umanità e chi lo ha conosciuto testimonia il suo entusiasmo per la vita, il suo spirito di solidarietà, la sua vicinanza fraterna e la sua instancabile dedizione al lavoro.
In una delle sue lettere alla famiglia, scrisse: “Mamma: anche oggi il missionario deve essere disposto a sacrificare la sua vita”. E in una delle visite alla famiglia aggiunse: “Mamma, non c’è nulla di più bello che morire per Dio”.