di don Sony Pottenplackal
Speriamo che le immagini angoscianti di clandestini e naufraghi diffuse dalle televisioni in continuazione negli ultimi 3/4 anni siano riuscite ad informare la nostra coscienza collettiva dei profondi problemi relativi alle società attuali, come la migrazione su vasta scala e l’inabilità o la mancata volontà delle nazioni di accoglienza di accettare ed integrare i migranti.
La Repubblica di Liberia, il primo paese indipendente in Africa, non è certamente estraneo alla migrazione. La sua origine, come nazione separata sotto un governo libero, può essere ricondotta alla migrazione di circa 15.000 coloni afroamericani provenienti dagli Stati Uniti d’America verso questa terra che era al tempo abitata da popolazioni indigene, flusso prodottosi tra il 1822 e la Guerra Civile Americana del 1861-1865.
Nel corso del XX secolo l’immigrazione verso la Liberia è continuata fino a quando il periodo prolungato di guerra civile negli anni '90 non ha invertito la tendenza, causando l’inizio di un’epoca di emigrazione dal paese. In quel momento, diversi Liberiani dovettero lasciare le proprie case e spostarsi in altre parti del mondo, consci del fatto che ogni difficoltà incontrata nelle nazioni di accoglienza sarebbe stata più lievi delle condizioni di vita nella loro propria nazione, dilaniata dalla guerra. Una gran parte emigrarono verso gli Stati Uniti d’America e non sono più tornati, ancora adesso che una decina d’anni sono già passati dalla fine delle ostilità.
In ogni caso, la motivazione alla migrazione ha origine troppo spesso nel desiderio di lasciare il proprio paese natio; ciò costituisce un ostacolo importante al progresso ed i suoi effetti negativi sono sempre più sentiti, anche se pochi li riconoscono apertamente.
In Liberia, molti anni dopo la fine della guerra, le condizioni di vita non sono tornate a livelli accettabili. La situazione attuale rafforza un senso di disperazione, portando le persone a considerare che “a casa non succede nulla di buono”. Questo abbattimento consolida la percezione che “bisogna andare via da questo luogo o almeno aiutare un membro della famiglia a lasciare il paese in modo da aiutare tutti a sopravvivere”.
Inoltre, degli incentivi ingannevoli sono forniti dai migranti di ritorno. Nonostante pochissimi abbiano i mezzi per ritornare o per fare a loro piacimento il viaggio andata e ritorno dai loro nuovi paesi di residenza, questi sono gli unici riferimenti visibili per la popolazione. Il loro stile di vita dà la cattiva impressione che chiunque migri riesca ad assicurarsi una vita buona e facile nella sua nuova casa, mentre in realtà la maggior parte dei migranti si barcamena nella sua nuova situazione con molteplici lavori e con ritmi forsennati per poter anche semplicemente pagare le bollette oltre a mandare qualche spicciolo alla famiglia in Liberia.
“Il Sogno Americano” è vivo e gode di ottima salute in Liberia. Per confermarvelo, basterebbe chiedere ad ognuno degli studenti della scuola superiore tecnica che gestisco da Salesiano a Monrovia quale sia la sua ambizione? Inevitabilmente, la sua prima risposta sarebbe “Voglio andare in America”, battendo persino il più convenzionale “Voglio essere un dottore o un cantante hip-hop”!
La fantasia che l’erba del vicino sia sempre più verde alimenta le aspirazioni a seguire lo stesso percorso ma ha un costo, per il paese e per l’intero continente. Essa esacerba la provvisorietà della vita in Africa, promuovendo una certa passività del tipo “perché investire tempo e risorse su quello che c’è qui visto che dovrò ricominciare da capo da un’altra parte”?
Immediatamente, giovani e vecchi perdono interesse nel migliorare l’ambiente locale e creare un futuro qui. Il risultato ovvio e diretto di questa mancanza di impegno è la diminuzione del senso civico verso la cosa pubblica, che disintegra ancor di più le sfere nazionali e sociali di vita.
La migrazione causa dunque una “fuga dei cervelli” che impoverisce ancor di più un paese che è già di per sé vulnerabile. Molti talenti migrano verso lidi migliori ed i paesi di accoglienza ne beneficiano dato che i migranti sono generalmente ambiziosi e più motivati nel realizzare i propri sogni. Persone cui vengono negate opportunità di vita svoltano nelle loro nuove situazioni perché sentono che questa è la loro sola speranza. È un’attitudine che non mostrano nel loro paese natio, ma che emerge nelle loro nuove case, dove vogliono lavorare e “farcela”.
Le relazioni familiari e le strutture sociali hanno anch’esse sofferto della realtà della migrazione. Le famiglie sono frammentate oggi dato che membri della famiglia si sono spostati alla ricerca di migliori opportunità e ne risulta una disgregazione che impatta il normale sviluppo dei giovani.
Oggi, la migrazione è un’arma a doppio taglio. Ha infatti i suoi benefici così come i suoi effetti perversi. Quello che ci sembra importante è creare una società sicura, libera e giusta in ogni paese: le nazioni più povere continueranno ad alimentare la migrazione se non creiamo migliori condizioni di vita e leader visionari, se non eradichiamo la povertà, se non lavoriamo duro per garantire giustizia.
Data l’attuale situazione, qual è la via d’uscita per la situazione attuale in Liberia? Il lavoro, il lavoro, il lavoro! Come arrivarci? Sensibilizzazione, educazione e sviluppo di competenze dei giovani.