Che cosa succede dietro questo portone?
Oggi il “Don Bosco College” a Yellagiri offre formazione universitaria a più di 1000 giovani. Di loro, quasi 500 risiedono all’interno: i ragazzi nel convitto animato dai Salesiani, e le ragazze in quello seguito dalle Figlie di Maria Ausiliatrice. I corsi offerti coprono le seguenti aree: Inglese, Informatica, Informatica applicata, Economia e commercio, Ingegneria gestionale e Matematica. Oltre alla laurea di primo livello si può conseguire anche la licenza post-laurea in Informatica e Inglese. E c’è anche un’azienda interna al campus che è specializzata nello studio di nuovi programmi e brevetti nel campo informatico, e che produce un reddito con cui si sostiene in parte la vita dell’istituto.
Qual è la particolarità del “Yellagiri College”: un centro così specializzato in un ambiente che sembra così remoto - anche se incantevole dal punto di vista paesaggistico?
La maggioranza dei nostri studenti proviene dalle 3 regioni con lo sviluppo economico e socio-culturale più basso di questa zona del Paese. La maggior parte dei loro genitori non ha avuto alcuna possibilità di frequentare la scuola e, in oltre il 90% dei casi, i nostri studenti costituiscono la prima generazione che riceve una educazione formale nella loro famiglia. Quasi la metà degli studenti ricevono una borsa di studio ed alcuni anche una borsa per coprire le spese di vitto e alloggio. Quanto si offre attraverso l’istituto è una possibilità di formazione di alto livello, da cui altrimenti questa fascia di popolazione sarebbe del tutto esclusa. L’obiettivo è unire il meglio dell’offerta educativa al bisogno di aiuto delle categorie più povere, puntando sulla risorsa più preziosa di ogni famiglia: i loro figli. Saranno loro i fattori di sviluppo più efficaci, non solo per i loro genitori e fratelli, ma per le comunità umane da cui provengono e, gradualmente, per l’intero tessuto sociale.
Più che un programma si potrebbe parlare di un sogno, tanto è ambizioso. Oltre all’impegno tutt’altro che facile di costantemente trovare fondi per poter continuare a dare il meglio a chi ha di meno, quali le sono le altre maggiori sfide che vi trovate ad affrontare?
Alla povertà economica sovente si accompagnano altre forme di disagio: molte famiglie separate, traumi e situazioni difficili alle spalle, che incidono a volte pesantemente sulla capacità di concentrazione e sulla perseveranza nella motivazione allo studio. Gli educatori, oltre e forse ancor prima che essere professionisti nel loro campo di competenza, devono essere anche molto abili nelle capacità di relazione e nel loro rapporto educativo. C’è anche una buona squadra per l’aiuto psicologico. Senz’altro non è lasciato in secondo piano l’accompagnamento spirituale, sia dei cristiani, sia di chi appartiene ad altre religioni, ma è aperto ai valori del Vangelo. Solo una educazione integrale permette di avere risultati buoni e duraturi: o si cresce in tutto ciò che ci rende uomini e donne migliori, o non saranno i diplomi universitari a cambiare in meglio la situazione.
Chi è stato il primo salesiano a salire fin quassù?
Don François Guezou, arrivato in India nel 1952, e ordinato sacerdote l’anno successivo. Il vescovo salesiano di Chennai (all’epoca chiamata Madras), mons. Louis Mathias, che lo inviò, aveva come motto episcopale “Osa e spera”. Osare venire e vivere qui fu un enorme atto di coraggio, perché le fatiche, l’opposizione anche violenta, furono immani. Ma con la vicinanza alla gente e una perseveranza da martire don Guezou è riuscito a poco a dare una nuova vita a tutto questo altipiano. Il college è solo una delle tante opere che ha compiuto.