Una tradizione avviata da San Giovanni Bosco nel 1859, attesa ogni anno da milioni di giovani e rinnovata anche dal X Successore del fondatore dei salesiani: le “Strenne”, nate come brevi messaggi e citazioni, sono oggi una sorta di traccia programmatica per l’anno venturo che il Rettor Maggiore dei Salesiani indirizza a coloro che Don Bosco auspicava fossero “buoni cristiani e onesti cittadini”.
Ángel Fernández Artime, alla guida della Famiglia Salesiana dal 2014, nel corso del suo mandato ha scritto dieci Strenne. “Raccogliere ha il significato di un lavoro conclusivo”, spiega il suo segretario, don Giuseppe Costa, nella prefazione del libro “Chiamati all’amore con speranza”, che - ospite della trasmissione “Radio Vaticana con Voi” - presenta ai lettori i dieci messaggi del porporato.
La prima Strenna, quella del 2015, ha come titolo “Come Don Bosco, con i giovani, per i giovani”. Il Card. Fernández Artime la definisce “una proposta di comunione”, da lui considerata “una bella eredità spirituale”, perché sempre nel cuore del santo. In questo testo l’allora neo Rettor Maggiore si concentra sul carisma salesiano, su “quella felice espressione, che fu il suo programma di vita”, ovvero “basta che siate giovani perché io vi ami assai”. Un amore per i giovani “fatto di gesti concreti e opportuni”, basati sulla “carità pastorale”. Stare con i giovani ed essere per i giovani significa allora “saper leggere i segni dei tempi, conoscendo e valutando positivamente e criticamente ciò che i giovani valorizzano e amano”.
L’anno seguente la Strenna “Con Gesù! Percorriamo insieme l’avventura dello spirito” ripercorre i mesi trascorsi, quelli del Bicentenario della nascita di Don Bosco. Fernández Artime ritorna sull’importanza di “progettare insieme la missione giovanile ricevuta come Famiglia Salesiana”, così da far “trasparire la spiritualità di cui ci alimentiamo”. Quel “con Gesù” significa allora comprendere che “solo con Gesù, in Gesù e da Gesù potremo fare un cammino decisivo per le nostre vite”. Non basta, ammonisce, essere attratti da Lui: occorre “l’amicizia personale col Maestro”, perché dove non c’è amicizia personale “non può esserci sequela”. Il cammino in amicizia non va però intrapreso da soli, ma “insieme, perché la dimensione comunitaria ed ecclesiale è qualcosa di essenziale nel messaggio cristiano”. Il cammino diventa allora spirituale e tra le tappe principali presenta “il guardarsi dentro, cercando Dio, essere dei Suoi, maturando un progetto di vita”. Un percorso in cui i giovani devono essere “orientati verso la santità”.
Nel biennio successivo le due Strenne invitano i salesiani ad essere realmente famiglia, rendendo “ogni casa scuola di vita e di amore”. Questo il tema del 2017, mentre l’anno seguente due verbi sono centrali: ascoltare ed accompagnare. La scelta del tema familiare deriva, scrive il Rettor Maggiore, dai due Sinodi dedicati dal Papa alla famiglia (lo straordinario nel 2014 e l’ordinario nel 2015), che portarono all’esortazione apostolica Amoris Laetitia del 2016. “Siamo convinti - si legge nella Strenna - che la famiglia dovrebbe essere quella realtà umana concreta nella quale si apprende l’arte della Vita e dell’Amore”. Anche la Famiglia Salesiana “con le sue costituzioni e regolamenti presentano lo spirito di famiglia come elemento costitutivo del nostro essere”. Quindi l’invito ad una lettura pacata e serena di Amoris Laetitia, “con il cuore preparato al dialogo e all’incontro”. Il Successore di Don Bosco non nega che la famiglia stia attraversando un momento di profonda trasformazione e crisi, rendendo l’istituzione familiare “una realtà sempre più complessa”, dinanzi alla quale “la prima risposta deve essere l’empatia”, per arrivare “ad avere uno spirito di famiglia saldo ed attraente”.
Fondamentale allora è la capacità di accompagnare sia i giovani che i genitori. “Coltiviamo l’arte di ascoltare e di accompagnare”, questa la Strenna del 2018. Il tema scelto è dunque in continuità con quello dell’anno precedente. L’invito è innanzitutto quello a leggere l’incontro di Gesù con la Samaritana, dove l’ascolto libero da pregiudizi e non asservito alle diversità “diventa accoglienza ed incontro personale”. “L’ascolto - si legge - è sempre un’arte, richiede “attenzione, apertura, incontro”. L’ascolto porta poi a quello che il Cardinale Fernández Artime definisce “il dono del discernimento”, che si nutre, come indicato dal Papa, di tre verbi: riconoscere, interpretare e infine scegliere. Don Bosco è allora un modello, identifica in sé l’educatore, il confessore e il direttore spirituale ed è promotore di quella che si può definire “una pedagogia dei processi”, che non devono essere mai forzati, ma graduali, dato che “è lo Spirito a scatenare in ognuno un processo di crescita”.
“La santità anche per te” è il titolo della Strenna 2019 del Rettor Maggiore. Anche in questa occasione, lo spunto arrivo dall’esortazione apostolica di Francesco, Gaudete et Exsultate, sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. “Parole che posso garantirvi sono rivolte a tutti”, si legge. La santità nelle parole del Papa diventa così “un appello lancio al mondo contemporaneo e alla Chiesa in modo speciale per vivere la vita come vocazione e chiamata alla santità”. Eppure, l’idea non sempre è questa. “Immagino – scrive – che non poche persone avranno avuto la sensazione che la parola santità suonasse un po’ estranea, in molti casi fortemente estranea e sconosciuta”. Eppure, questa parola è familiare ai salesiani ed è presente nella Sacra Scrittura. “C’è quindi un esplicito invito a sperimentare e testimoniare la perfezione dell’amore, che non è cosa differente dalla santità”, spiega il presule, al punto che “farsi santi è il primo e più urgente compito per un cristiano”, e la chiamata universale alla santità viene proclamata con decisione anche dal Concilio Vaticano II. Ciò che conta “è essere santi nella vita, non venire un giorno riconosciuti tali”, si legge nella Strenna, dove si ricorda come “la proposta della santità è rivolta ad ogni cristiano perché essa è pienezza di vita e sinonimo di felicità, di beatitudine”. La santità diventa così un modo di “assumere nella carità i propri doveri, interessi e affetti”, portando ad un “cammino di umanizzazione”, finendo per coincidere con “la piena fioritura dell’umano”.
Dodici mesi dopo è una delle affermazioni più note di Don Bosco a dare il titolo alla Strenna per il nuovo anno: “Buoni Cristiani e Onesti Cittadini”. La riflessione parte da un assunto: “Non possiamo vivere in un limbo, senza che nulla abbia a che vedere con la vita, la giustizia, l’uguaglianza di opportunità”. Da qui l’esigenza di presentare il modello educativo di Don Bosco anche ai giovani non-cristiani, in società dove non vi è una maggioranza cristiana. Quel binomio educativo, quella “relazione tra educazione dei giovani e il bene della società”. La catechesi e la teologia allora non sono solo per i ragazzi e i vescovi, ma per tutti perché “catechesi è crescere nella comprensione della vita illuminata dalla fede; teologia è entrare con la mente e con il cuore nella bellezza del mistero di Dio”. La Strenna presenta anche una riflessione sulla spiritualità, su quella cristiana e più in particolare sulla spiritualità salesiana che “non si comprende senza conoscere Don Bosco, che si dedicò all’educazione ed evangelizzazione dei giovani”. Per essere riconosciuti come “buoni cristiani e onesti cittadini” è allora necessario “essere decentrati da se stessi, essere impegnati civilmente, anche nel servizio politico” e “difendendo i diritti umani”, ponendo al centro sempre “legalità ed onestà”.
Speranza e amore sono due le parole chiave delle Strenne del biennio successivo. “Mossi dalla speranza” è il titolo del messaggio per il 2021, “Fate tutto per amore, nulla per forza” quello successivo. La speranza è strettamente legata alla pandemia, a “quell’uomo, vestito di bianco - scrive il Rettor Maggiore - tutto solo sulla grande spianata di Piazza San Pietro, nel pomeriggio piovoso verso il tramonto del 27 marzo 2020”. Il riferimento è alla preghiera di Francesco per la fine del Covid-19. “Con quel gesto - si legge - ha ricordato a questo nostro mondo, composto di etnie, culture, nazioni e religioni diverse, che Dio ha la capacità di condurre anche le realtà più disastrose e dolorose al bene. E ci ha invitato a guardare con compassione alla nostra povera fede”. La riflessione del presule parte dalla pandemia per arrivare alle altre ferite dei nostri tempi, “dai 32 focolai di guerra al commercio delle armi”. La speranza allora “non è un semplice desiderio o mero ottimismo, ma ha a che vedere con la dedizione e la fiducia”. Il tempo della prova diventa allora “il tempo della scelta” ed è fondamentale volgere lo sguardo ai tanti “testimoni di speranza”, tra i quali vengono citati il servo di Dio don Carlo Braga e la beata suor Maddalena Morano. Più che mai occorrono “impegni concreti” e la capacità di essere “presenti e testimoni”.
Nel 2022 la riflessione parte dal quarto centenario della morte di San Francesco di Sales, con Don Bosco “due giganti che si succedono nel carisma salesiano”. Entrambi “sono un grande dono per la Chiesa – scrive il Rettor Maggiore –, con Don Bosco che come nessun altro ha saputo tradurre la forza spirituale di San Francesco di Sales nell’evangelizzazione ed educazione dei ragazzi”. I due ci insegnano che “niente va fatto con la forza”, ma occorre “la dolcezza, l’amabilità nel tatto” per “vivere tutto con amore”. Va ricercata “la presenza di Dio nel cuore dell’uomo”, alimentata anche con la preghiera. Per questo è “necessaria una guida spirituale”, perché come diceva Don Bosco un elemento veramente centrale della pedagogia e del sistema educativo salesiano è l’accompagnamento.
La penultima Strenna ha come titolo “Come lievito nella famiglia umana d’oggi”. Il Rettor Maggiore ricorda innanzitutto che il messaggio è rivolto a due gruppi di destinatari. “I primi sono gli adolescenti e i giovani”, quali “primi destinatari della missione salesiana”. Poi a tutti i gruppi della Famiglia Salesiana, “invitati a riscoprire o scoprire la dimensione laicale proprio della nostra famiglia e la complementarità vocazionale che c’è e che deve esserci sempre tra noi”. L’immagine del lievito viete utilizzata per ricordare “che la lievitazione avviene nel silenzio”. Allo stesso modo “l’operare del Regno di Dio lavora dal di dentro”. Un Regno che “continua a crescere nel nostro mondo, tra luci e ombre”, ed è “Gesù stesso ad operare come lievito in mezzo alla gente più comune, tra i poveri e i malati bisognosi di guarigione”. In tal senso “il laico è un cristiano che santifica il mondo dal di dentro”, perché in ogni epoca i cristiani hanno vissuto il loro tempo. “Per dirla in breve, i cristiani sono nel mondo - scrive il presule - ciò che l’anima è nel corpo. L’anima, infatti, è dispersa in tutte le membra del corpo; così anche i cristiani sono dispersi in tutte le città del mondo”. Inoltre “così come il lievito nella pasta passa quasi del tutto inosservato, così la nostra collaborazione nell’edificazione della Chiesa e alla costruzione di una società più umana ci chiede di considerare che è più importante fare il bene rispetto al fatto che il bene fatto sia attribuito a noi”.
Infine “Il sogno che fa sognare” è l’ultima Strenna, quella dell’anno in corso. Esattamente duecento anni fa, nel 1824, ci fu il “Sogno dei 9 anni”, quel sogno del giovane Giovanni che “definì il campo di azione che sarebbe stato affidato a Don Bosco: i giovani”, riuscendo a “farli crescere come persone attraverso l’educazione”, e suggerendo quello che sarebbe stato il sistema preventivo”. Lo stesso Don Bosco amava ricordare che a 9 anni aveva fatto un sogno “che mi rimase profondamente impresso nella mente per tutta la vita”. In un cortile, con dei ragazzi vivaci, che litigano, “non pochi bestemmiano”, Giovanni pensa di intervenire con la forza. Un uomo prima e una donna poi, il Padre e Maria, lo invitano ad agire diversamente. Gli offrono uno stile di azione. “Non con le percosse, ma con la mansuetudine e colla carità”, e lo invitano ad istruirli sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù. Quel cortile sarà l’oratorio, quella missione sarà il cuore della sua vita. “Don Bosco ci ha mostrato nel corso della sua vita che solo le relazioni autentiche trasformano e salvano”, e “ogni scelta fatta da lui era parte di un progetto più grande, il progetto di Dio”, scrive il presule. “Senza sogni non c’è vita”, aggiunge, e dobbiamo ricordare “che Dio fa grandi cose con strumenti semplici, parlandoci in molti modi”.
“Sono convinto – conclude il Cardinale Fernández Artime –, come diceva Don Bosco, che ogni mattone è una grazia di Maria Ausiliatrice, nulla abbiamo fatto senza il diretto intervento di Lei. Lei, Immacolata e Ausiliatrice, continui a guidarci tutti per mano”.
Andrea De Angelis
Fonte: Vatican News