Cosa l’ha spinto a farsi salesiano?
All’origine di ogni chiamata c’è il Signore, che ho imparato a conoscere attraverso tante persone: i miei genitori, le Figlie di Maria Ausiliatrice, i Salesiani e i preti della mia parrocchia. Sicuramente il fatto di aver frequentato – ancor prima di nascere (se così posso dire, in quanto i miei genitori partecipavano alle attività delle Figlie di Maria Ausiliatrice che animavano due oratori parrocchiali) – gli ambienti salesiani ha influito sulla risposta alla chiamata del Signore. Inoltre, l’esempio di tanti confratelli, all’inizio soprattutto i giovani salesiani e, in seguito, i confratelli “più stagionati”, di esperienza, mi hanno orientato a scegliere di seguire il Signore nella via tracciata da don Bosco.
Lungo questo cammino sono stati importanti alcuni fattori: la partecipazione all’Eucaristia quotidiana, per scelta personale e non per imposizione da parte di nessuno (neppure del direttore spirituale); la preghiera dei salmi (specialmente le lodi), la confessione quindicinale, la figura di un direttore spirituale stabile, il servizio di animazione in oratorio, la meditazione, lo studio e la lettura personale, la frequentazione di ambienti e di esperienze “sane” con persone della medesima età e con persone più grandi. Infine, posso dire di aver avuto la grazia di frequentare sempre ambienti stimolanti e sani sotto tutti i profili e di conoscere persone davvero grandi per esperienza di umanità e vita cristiana. La stessa Diocesi di appartenenza (Milano) e gli anni del card. Martini hanno indubbiamente segnato il mio cammino.
Cosa porta con sé dell’esperienza del Capitolo Generale 28°?
Premetto che ho avuto il dono di partecipare a ben due Capitoli Generali prima del CG28: tutte esperienze davvero arricchenti che mi hanno consentito di conoscere e di apprezzare ancor di più la nostra Congregazione e il servizio di educazione alla fede dei giovani a noi affidati. Ritengo che ogni confratello, qualora ne abbia l’occasione, debba partecipare ad un Capitolo Generale che, come scrivono le nostre Costituzioni all’art. 146, “è il principale segno dell’unità della Congregazione nella sua diversità. È l’incontro fraterno nel quale i salesiani compiono una riflessione comunitaria per mantenersi fedeli al Vangelo e al carisma del Fondatore e sensibili ai bisogni dei tempi e dei luoghi. Per mezzo del Capitolo Generale l’intera Società, lasciandosi guidare dallo Spirito del Signore, cerca di conoscere, in un determinato momento della storia, la volontà di Dio per un miglior servizio alla Chiesa”. Posso dire che tutte e tre le opportunità mi hanno permesso di vivere precisamente quanto affermato dalla nostra Regola di vita.
L’esperienza del CG28 è stata per me unica, in quanto scelto come Regolatore dell’assise. In questo ruolo si devono avere presenti tanti dettagli che vanno conosciuti con largo anticipo proprio per offrire le migliori condizioni affinché i confratelli capitolari possano vivere quanto detto dalle Costituzioni.
L’unicità, poi, del CG28 è certamente data dal fatto di essere stato celebrato a Torino, a Valdocco, nella culla del nostro carisma. Faccio mie e ripropongo le espressioni di don Pascual Chávez: “Nei luoghi della nostra origine si trova anche la nostra originalità”. Pertanto, svolgere il Capitolo nel luogo delle nostre origini non è davvero la stessa cosa che svolgerlo in un’altra città o in un’altra nazione. In questo senso, la decisione del Rettor Maggiore di andare e stare Torino-Valdocco è stata veramente ispirata. Lo stesso Papa Francesco nell’intenso Messaggio inviato ai capitolari ha ripetutamente fatto riferimento al luogo – non solo geografico – in cui stavamo vivendo il CG28.
Personalmente è stata un’esperienza di grande comunione con tutti i confratelli presenti e – ne sono convinto – anche con quelli che hanno partecipato “da lontano”. Non sempre è facile vivere e custodire la comunione, soprattutto con assemblee numerose come la nostra. Tuttavia, le cose belle hanno sempre il loro prezzo e l’investimento, a cose fatte, restituisce molto più di quello che si “perde”.
L’altro elemento che conservo dinamicamente è legato al tema del CG28. Inizialmente è apparso a molti un argomento “leggero”, quasi uno slogan pubblicitario per rilanciare una sorta di prodotto. In realtà, leggendo con maggiore attenzione le articolazioni dell’argomento, ci trova veramente di fronte ad un tema decisivo e di grande importanza per i confratelli, i giovani e i laici che condividono con noi la stessa missione. Le tre articolazioni del tema – presenza in mezzo ai giovani, profilo del salesiano, missione e formazione condivisa con i laici – delineano la figura del salesiano per i giovani di oggi. La riflessione pos-tcapitolare, che in questi giorni è in distribuzione nelle case della Congregazione anche nella modalità del libretto che raccoglie l’esperienza del CG28, sarà un aiuto per tutti i confratelli nella riflessione e nelle scelte conseguenti per essere quei salesiani che il Signore oggi vuole per i giovani.
Infine, ed è già stato ricordato anche dal Rettor Maggiore, l’anomalia di un Capitolo che, a causa dell’inizio della pandemia di Covid-19, ha subito profonde modifiche almeno per quanto riguarda la logistica e il calendario. La conclusione anticipata – quasi tre settimane prima rispetto alla scadenza – e alcuni disagi sperimentati per garantire a tutti di svolgere le ultime e necessarie operazioni in sicurezza, senza rovinare il clima fraterno, rappresentano un altro elemento di novità sul quale interrogarci in futuro. Cosa significa e cosa ha significato un Capitolo celebrato in questo modo? Di là di una lettura superficiale, “organizzativa”, penso sia necessario chiedersi cosa il Signore ci ha voluto dire e cosa ancora ci sta dicendo anche con questo svolgimento dei lavori.
Last but not least: non posso non esprimere anche in questa sede il più sentito ringraziamento sia ai capitolari per la loro stima e apprezzamento che ho sperimentato sia, soprattutto, ai tanti confratelli che – dietro le quinte – hanno dedicato tempo ed energie affinché tutto si potesse svolgere nel modo migliore. Come è avvenuto.
Può descriverci meglio in cosa consista il lavoro del Segretario del Consiglio Generale?
I compiti del Segretario generale sono descritti nell’art. 144 delle Costituzioni: ad esso e al commento ufficiale rimando per una conoscenza formale e ufficiale del servizio che è chiamato a svolgere.
Più concretamente il Segretario Generale partecipa alle riunioni e alla vita del Consiglio generale. Redige e custodisce i verbali delle riunioni e tiene i contatti con le diverse Ispettorie. In particolare, quasi quotidianamente come Segretario ho contatti con i Segretari ispettoriali e anche con gli Ispettori per accompagnarli nel loro servizio di governo. Come Segretario generale seguo la preparazione e la redazione dei documenti ufficiali della Congregazione, la statistica delle case e dei confratelli, le varie nomine di direttori, consiglieri ispettoriali, Ispettori, l’apertura e la chiusura di case e/o di opere, la preparazione delle riunioni del Consiglio generale… Insomma, tanti aspetti dell’amministrazione ordinaria e straordinaria della vita della Congregazione. È questo un compito che, nel tempo, permette di conoscere la realtà delle diverse Ispettorie e della missione che nel mondo, come Salesiani di Don Bosco, svolgiamo.
Colgo l’occasione per ringraziare i Segretari ispettoriali per la collaborazione che, a diverso titolo, esprimono nei confronti della nostra Sede centrale.
Ricordo che nello svolgimento dei propri compiti, il Segretario Generale si avvale della preziosa collaborazione del Procuratore generale, per tutte le questioni giuridiche, e di due impiegate a tempo pieno nella Segreteria Generale; oltre, evidentemente, a tanti altri confratelli della Sede centrale che contribuiscono a rendere efficiente ed efficace il nostro lavoro per l’intera Congregazione.
In che modo il servizio al Consiglio Generale della Congregazione diventa un servizio ai giovani?
A prima vista il compito del Segretario Generale sembra non interessare direttamente il servizio ai giovani. È d’aiuto una semplice ed illuminante distinzione tra una missione diretta e una missione indiretta nei confronti dei giovani. Ecco: il compito del Segretario generale riguarda specialmente questa seconda modalità. In altre parole, si tratta di un servizio che consente a coloro che sono direttamente impegnati nel servizio rivolto ai giovani, di svolgere il proprio compito.
Mi piace riprendere un’espressione della recente enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti che ben evidenzia questo rapporto: «È carità stare vicino a una persona che soffre, ed è pure carità tutto ciò che si fa, anche senza avere un contatto diretto con quella persona, per modificare le condizioni sociali che provocano la sua sofferenza. Se qualcuno aiuta un anziano ad attraversare un fiume – e questo è squisita carità –, il politico gli costruisce un ponte, e anche questo è carità. Se qualcuno aiuta un altro dandogli da mangiare, il politico crea per lui un posto di lavoro, ed esercita una forma altissima di carità che nobilita la sua azione politica» (Cf. FT 186). Se sostituiamo la parola “missione” alla parola “carità” comprendiamo bene il rapporto che esiste tra coloro che più direttamente sono a contatto con i giovani e coloro che lo sono meno direttamente.
Evidentemente nessuno risponde alla chiamata del Signore nella Congregazione salesiana per chiudersi in un ufficio. Ragion per cui questo incarico – come altri – non può durare né troppo a lungo né troppo poco. Come in tutte le cose ci vuole la giusta misura, proprio per non smarrire il legame stretto che unisce l’apostolato diretto e l’apostolato indiretto, la missione implicita con la missione esplicita. In ogni caso, per tutto il tempo che mi sarà chiesto questo servizio cercherò di svolgerlo come richiesto, per il bene dei confratelli e dei giovani.
Ad ogni modo, in questi anni mi è stata offerta l’opportunità di mantenere un contatto diretto con i giovani grazie all’apostolato parrocchiale domenicale in una nostra realtà: la parrocchia salesiana di Roma Testaccio. Il contatto con la gente e i giovani mi permette di rigenerare anche le energie profuse nel “lavoro d’ufficio”. Sono convinto che la forza e l’efficacia del lavoro in ufficio siano strettamente collegate con la forza e l’efficacia del pur ridotto servizio pastorale con queste persone. E anche di questo devo ringraziare.