Attorno all’opera è stata organizzata una conversazione con don Giovanni (Juan) Bottasso, che è a capo dell’edizione dei 14 volumi che fanno parte della collezione completa. All’inizio del suo discorso don Bottasso ha detto che durante il suo ultimo e recentissimo viaggio a Roma, ha condiviso il proprio materiale con un antropologo che conobbe don Bolla. Dopo averli esaminati, questo professionista non ha avuto scrupoli nel descrivere ciò che ha letto come un’opera unica, dal momento che a suo parere non esiste nessun altro diario che narra così profondamente la vita di un missionario.
Padre Bottasso ha anche sottolineato l’atteggiamento di don Bolla quando decise di andare a vivere con il popolo Achuar, perché il suo obiettivo come missionario non era quello di colonizzare, ma di imparare da loro e coltivare la loro cultura, la lingua e l’identità. “È il popolo più nobile che abbia mai conosciuto”, era una frase di don Yánkuam rivolta agli Achuar, che rifletteva tutto l’amore e l’affetto che provava per questo popolo, con cui ha condiviso 41 anni della sua vita.
“Lottò sempre perché mantenessero la loro identità, la loro cultura e fossero sempre orgogliosi di quello che sono. Non faceva grandi teorie, ma aveva un grande principio: non esistono popoli o culture superiori, ma ci sono culture diverse ed è importante imparare a convivere insieme”.
Alla presentazione è intervenuto anche il dott. José Juncosa, Vicerettore dell’Università Politecnica Salesiana di Quito, che ha affermato che la libreria Abya Yala/UPS vuole essere una piattaforma di incontro e uno spazio di conversazione sulla diversità culturale e l’identità dei popoli.
Di tutti i libri scritti da don Bolla sugli Achuar, nelle librerie italiane è già disponibile il testo di cronaca: “Il mio nome è Yánkuam. L’incontro del Vangelo con gli Achuar. Cronache dalle missioni”.
Da parte sua, Milagros Aguirre, Direttore generale di Abya Yala, ha parlato dell’opera di don Bolla come uno strumento di ispirazione per i giovani missionari, per i volontari che lavorano nella Sierra e in Amazzonia, così come per gli antropologi, gli accademici e gli studenti che sono interessati a conoscere altre culture.
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