di Gian Francesco Romano
“Don Bosco è vestito non da sacerdote, ma con la croce del Buon Pastore al collo e con le maniche della camicia rimboccate, in segno di praticità e lavoro. Lui porta e sostiene i mattoni per la realizzazione di un progetto, che però è pensato e realizzato dai giovani da lui formati” spiega lo scultore, 74enne, che ha appreso la tecnica dell’intaglio nelle botteghe del Trentino e si è poi formato a Milano, presso gli studi degli artisti F. Mina e M. Buttafava e il Liceo Artistico “Beato Angelico”.
L’opera è una scultura a tutto tondo, alta 52 cm. I protagonisti, nell’opera, come nell’edificazione della propria vita, sono i giovani, cui Don Bosco e i suoi Salesiani offrono degli strumenti per il loro futuro: libri, attrezzi da lavoro, un pallone…
Lo scultore e docente di Arte – negli anni ’60 ha anche fondato un Liceo Artistico in Burundi, ancora attivo – ormai da dieci anni collabora con i Salesiani di Torino, per i quali ha realizzato opere in Italia e nel mondo. Don Bosco pertanto è per lui qualcuno di reale e concreto: “è una persona valida, capace, in cui si può credere. Il suo sistema funziona bene con i giovani, ancora oggi, attualizzato, ma nella sostanza è ancora lo stesso”.
Anche Mamma Margherita ha affascinato molto lo scultore: “ha una dimensione di madre incredibile, per me è anche più grande di Don Bosco: mi ha strabiliato!”.
C’è poi un altro aspetto che lega il signor Baldassari ai Salesiani: l’importanza attribuita all’educazione. “Il valore dell’arte non è nelle sue forme, ma nella capacità di meravigliare: come di fronte ad un figlio, che ti stupisce per la bellezza, ma non puoi chiuderlo in tuo schema. L’arte così educa all’accoglienza del diverso, alla capacità di ascolto… offre una grande ricchezza”.