La piccola Musu gli raccontò che era andata in ospedale, ma non avendo 15.000 leones (circa 1,5 euro) per poter entrare, non era stata curata. “Ti porterò subito in ospedale”, disse il salesiano; ma in quel momento Musu si voltò a cercare qualcosa accanto a sé e mise nelle mani del religioso un bambinetto di tre settimane, indifeso, scheletrico, quasi morente e senza nome.
Don Crisafulli accompagnò Musu all’Ospedale Generale, dove le diagnosticarono la tubercolosi e la polmonite. Quanto al piccolo, poiché lì non avevano i mezzi per curarlo, lo portò al “Cottage Hospital”, dove gli riscontrarono tubercolosi, disidratazione e malnutrizione. Quando il medico chiese un nome per registrare il bambino nel centro sanitario, il missionario salesiano non esitò un momento: “Il suo nome è Juan Bosco, Juanito Bosco”.
Quando tornò all’Ospedale Generale rassicurò Musu che il bambino stava bene e che sarebbe sopravvissuto. Don Crisafulli dovette anche dirgli che gli era stato chiesto il nome del bambino per poterlo registrare in ospedale e che gli aveva dato nome Juan Bosco.
Musu cambiò espressione e sembrava contrariata. Il salesiano le chiese se non le piaceva il nome Juan Bosco e lei gli rispose: “avrebbe dovuto dargli il suo nome, Jorge Crisafulli!”.
Oggi, Musu e Juan Bosco sono in buona salute. Entrambi hanno superato i loro problemi. Musu ha ormai 18 anni, studia come parrucchiera e vende sandali, mentre il piccolo Juan Bosco è un ragazzo sano e sorridente, che rende onore al suo nome, corre dappertutto ed è un segno di resistenza, sopravvivenza e speranza di fronte alle avversità.
Musu e Juan Bosco sono due tra i tanti casi di successo del lavoro che i Salesiani compiono in Sierra Leone e in molti Paesi del mondo per togliere i bambini dalle strade e offrire loro un’educazione.