Ecuador – I giovani dell’Amazzonia hanno perso “la loro terra, la loro lingua e le loro famiglie”, e hanno bisogno di una Chiesa che si preoccupi di loro

(ANS – Quito) – La dott.ssa Gabriela Bernal, originaria dell’Ecuador, negli ultimi anni ha studiato “i giovani dell’Amazzonia”. Nella prospettiva del Sinodo di Vescovi sulla regione Panamazzonica, ha risposto in modo molto lucido ad alcune domande su “chi sono i giovani di questo continente”.

Gabriela, chi sono i giovani che vivono in America Latina?

I giovani che attualmente camminano in America Latina sono personaggi nuovi per noi. Per gli adulti sono sconosciuti. E i percorsi che compiono sono incerti. Sono giovani che nel passaggio dal mondo rurale a quello urbano si trovano a vivere momenti di forte tensione, di lacrime. In questo processo, c’è l’assenza di genitori, che si dedicano solo al lavoro. Mi permetto di dire che una delle caratteristiche preoccupanti per questi giovani è la solitudine e l’assenza dei genitori.

Cosa determina la solitudine nei giovani latinoamericani?

I genitori si dedicano solamente al lavoro per avere denaro, e così hanno abbandonato definitivamente i figli. Li hanno lasciati in totale abbandono. Le conseguenze sono evidenti: non ci sono modelli di vita, i ragazzi crescono facendo prove ed errori e sono disorientati.

Esistono i giovani indigeni?

I giovani indigeni sono un gruppo che tradizionalmente è stato etichettato come “nascosto”, perché si pensava che tra gli indigeni non ci fossero giovani, dato che si sposano molto giovani e assumono presto responsabilità da adulti. I “giovani indigeni” come gruppo sociale sono di recente costruzione, perché le famiglie si trovano in altre condizioni e stanno subendo profondi cambiamenti. Vivono situazioni molto difficili, che hanno a che fare non solo con la solitudine, ma anche con il fatto che vivono in un ambiente aggressivo, violento e razzista, e gli si nega la possibilità di comunicare con la propria lingua.

Che tipo di lavoro dovrebbe fare la Chiesa con i giovani indigeni dell'America Latina?

Credo che per molti anni la Chiesa e le Congregazioni religiose abbiano dato una risposta significativa attraverso la scuola, ma ora la scuola è insufficiente. Io dico sempre che il lavoro degli oratori salesiani, ad esempio, è un’ottima risposta. È uno spazio inestimabile per i giovani. Purtroppo, gli oratori si stanno perdendo, ma credo che siano spazi dove si vive la giocosità e l’accompagnamento.

È ancora attuale il Sistema Preventivo nel contesto amazzonico?

Credo che oggi il Sistema Preventivo sia più che mai attuale e necessario. Ancora di più se ripensiamo a tutto ciò che è stato la figura di Don Bosco nel suo contesto. La cosa bella di Don Bosco era la sua sensibilità, la sua capacità di guardare all’ambiente dei giovani, dove si trovavano, spesso soli, in una realtà di grande espansione industriale. Ora viviamo in un contesto simile e credo che la Congregazione Salesiana dovrebbe tornare alle sue origini, ripensando all’ispirazione e all’azione di Don Bosco.

Video-intervista (in spagnolo)

InfoANS

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