L’attuale situazione dei rifugiati e richiedenti asilo di Manus è rimasta nascosta negli ultimi sei anni, portando a diversi problemi sociali e morali e a una serie di violazioni dei diritti umani. Tutto questo non dovrebbe continuare ancora e raccontare cosa sta accadendo può essere un primo passo per arrivare ad un effettivo cambiamento delle cose.
Nell’aprile 2016, la Corte Suprema della Papua Nuova Guinea ha dichiarato illegale e incostituzionale un centro di detenzione per i richiedenti asilo che il governo australiano aveva istituito sull’isola di Manus a seguito di un accordo con il governo di Papua Nuova Guinea.
“Cosa sta accadendo ai rifugiati e ai richiedenti asilo? Cosa succederà alla popolazione locale dell’isola di Manus, quale sarà la situazione socio-economica, ci sarà un effetto negativo sulla Papua Nuova Guinea quando il centro di detenzione di Manus verrà definitivamente chiuso?”: è quanto si domanda la Conferenza Episcopale Cattolica di Papua Nuova Guinea e Isole Salomone, che proprio per questo il 1° novembre ha organizzato, insieme alla “Catholic Professionals Society” (CPS) una tavola rotonda a Waigani sul tema dei rifugiati.
“Circa 495 rifugiati e 131 richiedenti asilo, per un totale di 626 persone, sono in attesa di decisioni e reinsediamento”, ha spiegato Paul Harricknen, avvocato per i diritti umani e Presidente della (CPS). “Ci sono già stati 6 morti tra i richiedenti asilo. Solo 146 sono stati riabilitati e reinsediati negli Stati Uniti. Trentasette sono state le nascite registrate tra i rifugiati a Manus”.
Il rifugiato curdo Benham Satah, che ha vissuto per 5 anni nel centro di Manus, ha parlato dei problemi di salute sperimentati lì dentro della necessità di assistenza medica per le persone lì internate. “Abbiamo avuto diverse persone che sono impazzite e non avevano più alcun controllo sulla loro vita. Tutte le loro morti si sarebbero potute evitare se negli ultimi 5 anni fossero state fornite gli adeguati servizi per la salute mentale e fisica”.
I partecipanti alla tavola rotonda di Waigani al termine dei loro dibattiti hanno approvato la seguente dichiarazione:
L’Australia ha l’obbligo morale di prendersi cura di TUTTI i rifugiati e i richiedenti asilo.
L’Australia DEVE portare TUTTI i rifugiati e i richiedenti asilo in Australia entro il 25 dicembre 2018. Questo è il nostro regalo di Natale, degli abitanti di Papua Nuova Guinea e degli abitanti di Manus, ai rifugiati e ai richiedenti asilo.
Gli abitanti di Papua Nuova Guinea, compresi quelli dell’isola di Manus, hanno affermato che non sosterranno più la “diplomazia dei libretti degli assegni”.
Siamo profondamente preoccupati per il fatto che i diritti umani dei rifugiati e dei richiedenti asilo siano stati violati, dato che sono stati inviati con la forza in Papua Nuova Guinea; e le politiche australiane hanno causato danni alla reputazione di Papua Nuova Guinea.
Noi, i partecipanti alla tavola rotonda, stiamo parlando a nome delle donne e dei bambini sull’isola di Manus che sono le vittime delle politiche australiane.
Gli uomini hanno sofferto abbastanza per la detenzione prolungata. Adesso basta. È giunto il momento di lasciarli andare.
L’équipe organizzatrice della tavola rotonda di Manus – che vede tra i suoi componenti anche il salesiano don Ambrose Pereira – si è incontrata il successivo 3 novembre con il Governatore di Port Moresby, on. Powes Parkop, originario proprio della provincia di Manus, per discutere le possibili soluzioni e per garantire che le richieste della dichiarazione vengano portate avanti. Tra i temi trattati ci sono stati la salute dei rifugiati e richiedenti asilo, i casi di abusi e l’accesso alle informazioni per i rifugiati. Sono state pianificate, inoltre, delle riunioni sono pianificate con i ministeri competenti.
Mons. Bernard Unaballi, vescovo di Bougainville, ha suggerito di istituire una commissione a livello di Conferenza Episcopale cattolica per garantire che non si resti solo al livello dei dibattiti e delle dichiarazioni.
Intanto, continuano i trasporti coatti verso l’isola di Manus in mezzo a un gran numero di agenti di polizia e dell’immigrazione e di fronte agli occhi della popolazione locale.