Reiber ha 29 anni ed è uno dei tre giovani emigrati dal suo villaggio in Venezuela, nello Stato di Miranda, in cerca di una vita migliore e per aiutare le loro famiglie dall’estero a causa della complicata situazione in cui versa da anni il loro Paese. Reiber Sumoza ricorda che “uno dei miei amici è in Ecuador, un altro in Cile e io sono arrivato in Colombia. Non voglio più spostarmi perché così sono vicino ai miei figli”.
Quattro anni fa ha lasciato il suo Paese. In Venezuela ha lasciato i due figli, rispettivamente di 9 e 7 anni, con la moglie. “In tutto questo tempo non li ho più visti. Non è facile parlare con loro ogni giorno, o a volte ogni settimana, ma ho un sogno: poter tornare quest’anno per stare con loro, anche se per poco tempo”, spiega con un po’ di speranza Reiber.
Il giovane pratica la slackline da sette anni e ne ha fatto il suo stile di vita nelle strade della Colombia, dove monta la sua corda quasi ogni giorno. “Lavoro cinque ore al giorno, dall’una alle sei del pomeriggio, perché è molto duro. Devo fare stretching, devo concentrarmi e sto sulla corda solo per il tempo in cui il semaforo è rosso per le auto, ma in un giorno posso guadagnare fino a 100.000 pesos colombiani (circa 23 euro)”, racconta.
Un giorno, un salesiano ha fermato la sua auto accanto a lui e ha iniziato a chiedergli della sua vita. Quel salesiano è Luis Fernando Velandia, Direttore del Centro di Formazione Tecnico-Professionale “Juan Bosco Obrero”, di Bogotà. “La seconda volta che ci siamo incontrati, mi ha dato un sacco con del cibo e ogni tanto passava e chiacchieravamo. Mi ha regalato un costume da Superman per uno dei numeri che faccio sulla corda, così che ore mi chiamano il Superman del quartiere Santa Lucia”.
Reiber non conosceva i salesiani e non aveva mai sentito parlare di Don Bosco, né sapeva che anche lui sia stato un acrobata e funambolo; ma entrambi hanno in comune il fatto di riuscire ad attirare l’attenzione e gli applausi della gente. “Quello che faccio è molto di più che stare in equilibrio e saltare... Cerco di tenere pulita l’area dove lavoro, sono gentile con il pubblico e chi mi vede riesce a cogliere quell’umiltà che è così importante. Quando ho conosciuto i salesiani ho subito percepito la loro familiarità, la loro accoglienza e mi sento a casa con loro”, assicura.
Don Velandia gli ha proposto di entrare a far parte della scuola di circo del centro, ma nonostante diversi tentativi non ci è riuscito “per mancanza di tempo, perché devo lavorare per mangiare e vivere; ma in cambio mi lascia andare ad allenarmi lì e mi chiama a fare spettacoli per i bambini”.
Reiber non smette di sognare mentre perfeziona la sua tecnica: “Dio ha uno scopo per tutti e io continuo a sognare. Sogno di vedere i miei figli, ma anche di poter continuare a mandare soldi alla mia famiglia e di portare il mio spettacolo nel mio villaggio e lasciare un segno lì con una performance che sto preparando ad alto livello”.
Riguardo alla sua quotidianità, il giovane funambolo ammette che “alla prima moneta che ricevo ogni giorno, il mio spirito si solleva. Posso essere triste un giorno, ma quando salgo sul nastro e sento l’apprezzamento del pubblico, mi sento sollevato… Certo, è difficile fare cento giri di semafori al giorno, ma bisogna andare avanti, perché Dio ha uno scopo per ognuno di noi”, conclude.
Fonte: Misiones Salesianas