La realtà di Nazareth è una realtà complessa, dove tanti giovani sono disorientati, a livello di appartenenza religiosa, culturale, nazionale… Ma quello della crisi d’identità non è l’unico problema che negli ultimi anni sta insidiando i giovani a Nazareth. L’altro, che si è sviluppato aggressivamente a partire dagli anni ‘90, è quello della criminalità. Per aiutare i giovani, allora, i salesiani provano ad utilizzare i loro consueti strumenti: in primo luogo, l’educazione.
“Dal mondo occidentale sono arrivati qui problemi come l’alcolismo, le tossicodipendenze, la prostituzione e la criminalità di stampo mafioso” spiega don Lorenzo Saggiotto, salesiano italiano che presta servizio in Medio Oriente dal 1968. Oggi è Direttore del centro salesiano a Betlemme, ma dal 2000 al 2019 è stato impegnato a Nazareth. “Ai vertici di queste organizzazioni ci sono stranieri, ma i soldati sono gli arabi. Questo è tragico, perché vuol dire che chiunque voglia fare ‘soldi facili’ sa perfettamente a chi rivolgersi”.
Ma quale può essere il ruolo della scuola per aiutare i ragazzi di Nazareth nel loro percorso di crescita? Prima che dal versante più strettamente formativo don Saggiotto parte da quello umano: “L’unico argine che può venire dalla scuola è quello di conoscere personalmente i ragazzi - spiega -. Io mi mettevo sulle scale ogni giorno e guardavo i ragazzi negli occhi salutandoli. Spesso vengono da situazioni difficili o da conflitti familiari, ed è fondamentale un contatto personale con loro per capire chi è più in difficoltà e aprire il dialogo. Abbiamo casi di ragazzi che hanno tentato il suicidio, o di ragazze vittime di violenza, problemi che si risolvono soltanto con la vicinanza”.
“Alcuni dei nostri exallievi frequentano le migliori università israeliane, soprattutto per le specializzazioni di Ingegneria e quelle orientate alla Tecnologia. Ma qui lavoriamo molto anche sui valori umani, sui rapporti tra Cristiani e Musulmani e tra Cristiani Musulmani ed Ebrei”.
Quanto all’oratorio, è aperto soltanto ai cristiani, senza distinzione di riti, e ospita circa 80 ragazzi over 14 per le attività del venerdì pomeriggio e circa 200 piccoli il sabato, animati dai più grandi.
Tra i ragazzi che lo frequentano c’è Abir Shajrawi. 24 anni, oggi studentessa di scienze mediche a Gerusalemme, all’ultimo anno di università, che ha nei suoi progetti di continuare nel percorso di studi in medicina e specializzarsi all’estero. “Sono un’animatrice dell’oratorio soprattutto con le ragazze, nel tempo che mi rimane libero dallo studio – spiega –. Questo centro è la mia seconda casa, lo frequento da quando ero piccolissima. Oggi quando lavoro con i bambini li vedo felici, e questo mi rende a mia volta felice”.
Simile è il percorso di Yousef Noufi, 23 anni, che frequenta il biennio di Ingegneria Meccanica e aiuta lo zio nella sua attività di carpentiere: “Mi occupo dell’attività dei più piccoli nello sport - afferma -. Mi impegno nell’oratorio perché quando ero piccolo dagli animatori ho ricevuto amore, rispetto, dignità. E oggi mi sento in dovere di fare lo stesso per le nuove generazioni”.
Dove le divisioni e la paura generano sospetto, il sorriso salesiano riesce ancora a fare piccoli miracoli nella vita dei giovani.
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