“Noi rimaniamo con l’umanità, con il bene ricevuto, con il desiderio di apprendere e con la certezza che il sogno di Don Bosco è arrivato allo stesso modo a tutto il mondo. Abbiamo sentito la sua presenza specialmente in una prigione di Ebolowa. Un posto molto piccolo per centinaia di persone, un luogo dove siamo state in grado di vedere il male, dove abbiamo visto sorrisi, dove abbiamo condiviso partite di pallavolo ed eucaristie.
La fede non può mancare quando manca tutto il resto. Abbiamo fatto come Don Bosco con i ragazzi del carcere di Torino: preghiamo e giochiamo, condividiamo il nostro tempo con queste persone che si trovano lì…
La nostra vita lì è stata molto semplice e umile. Ci alzavamo molto presto, la prima cosa che facevamo era pregare e poi fare colazione. Abbiamo insegnato inglese e spagnolo. Abbiamo mangiato banane, riso e avocado. Abbiamo giocato a calcio e basket. Forse ciò che ha toccato maggiormente i nostri cuori è stato vedere con i nostri occhi che nella vita ci sono cose indispensabili, altre essenziali e altre semplicemente inutili.
Per molte persone l’indispensabile è avere ogni giorno qualcosa da mangiare e poter bere acqua potabile, anche se per farlo devi percorrere due chilometri e portarlo sulla testa.
Abbiamo imparato grandi lezioni di vita e che c’è sempre un tempo per tutto e noi siamo responsabili di quello che facciamo con il tempo che abbiamo nella vita. Grazie alle persone che abbiamo incontrato e con le quali abbiamo condiviso vita.
In Camerun abbiamo conosciuto un po’ della cultura della sua gente e abbiamo capito il valore di vivere il momento presente. La vita scorre, se ne va e rimane solo quello che abbiamo vissuto e per questo la cosa più bella che ci è rimasta è il nostro affetto e simpatia per i bambini e giovani camerunensi della regione di Ebolowa”.