Il prestigioso riconoscimento viene assegnato a quelle persone che dimostrano una capacità fuori dal comune nel mettersi al servizio dell’umanità, ed è accompagnato da un “Certificato d’Eccellenza”. La cerimonia di consegna del premio si è svolta presso il Centro di Studi Islamici di Nuova Delhi, alla presenza del Giudice emerito della Corte Suprema Kurian Joseph, e di circa 200 spettatori.
Nel ricevere il premio, mons. Pallipparambil ha manifestato: “Spero che questo premio darà un po’ di visibilità alla mia gente, che vive nei più remoti villaggi dell’Arunachal Pradesh. È una gioia per me lavorare in questo remotissimo angolo orientale dell’India, con persone appartenenti a varie tribù. Accetto questo premio, in tutta umiltà, a nome loro”.
Questo è il secondo, importante premio che il vescovo salesiano riceve nel 2018. Ad aprile, infatti, la ONG “Sanskriti Yuva Sanstha” lo aveva insignito del premio alla carriera “Bahrat Gaurav”, per il suo contributo nel campo dell’educazione, della salute, della cultura, dell’ambiente e dello sviluppo della popolazione dell’Arunachal Pradesh.
Nei suoi 40 anni di servizio alla popolazione bisognosa di quello Stato indiano, mons. Pallipparambil ha istituto 46 scuole che educano un totale di 180.000 bambini tribali e poveri, 85 convitti, 17 dispensari, un ospedale, un Istituto di Educazione Superiore e un Centro di Formazione Professionale per i giovani che hanno lasciato gli studi, tutti nei più sperduti villaggi al confine con Myanmar e Cina.
Un esempio di questo suo grande impegno è offerto dal villaggio di Neotan, abitato da 850 persone, che grazie alla scuola “Newman”, da lui fondata, registra ora un tasso di alfabetizzazione del 100%.
Il vescovo di Miao è anche noto per aver sempre favorito la conservazione e la promozione delle culture locali, così come del creato. In un caso, promuovendo l’utilizzo e lo studio delle lingue e dei dialetti locali, il recupero delle storie dei capi tribù del passato, la riscoperta dell’artigianato tradizionale… Nell’altro, educando la popolazione, e in particolare i giovani, al valore della conservazione della flora e dalla fauna selvatica, della salubrità delle sorgenti…
Altri ambiti specifici d’azione hanno riguardato anche la diffusione di buone pratiche igieniche tra la popolazione locale e l’educazione e la formazione delle ragazze e delle donne, in vista della loro emancipazione.
Nel territorio della sua diocesi, eretta come tale solo nel 2005, e di cui mons. Pallipparambil è il primo vescovo, egli opera da 40 anni. Quando vi arrivò, nel 1979, dal Kerala, dove insegnava ai tribali emigrati al Sud, la regione era come uno stato nello Stato, popolata da tribù mongole spesso in conflitto fra loro. Ma la popolazione era “assetata di Vangelo”, come ha raccontato in un’intervista, perché esso ha portato parità tra uomini e donne e ha fatto scoprire la dignità propria di ogni essere umano.
Così, nonostante gli inizi difficoltosi – don Palliparambil venne anche incarcerato al principio, ma furono i capi tribali a richiederne il rilascio – l’evangelizzazione si è diffusa a macchia d’olio: quarant’anni fa i battezzati erano 900; oggi sono oltre 90.000, quasi il 20% della popolazione locale. La diocesi inoltre conta 28 sacerdoti del clero secolare e 68 altri presbiteri di ordini religiosi, che cooperano alla missione negli oltre 27mila chilometri quadrati della diocesi – in gran parte irraggiungibili in auto. Dallo scorso 2 agosto, infine, mons. Pallipparambil è coadiuvato nel suo lavoro pastorale da un vescovo ausiliare: mons. Dennis Panipitchai, anche lui Figlio spirituale di Don Bosco.
Fonti: Matters India, ACI Stampa