“Per il bene dei giovani e di tutti gli emarginati”. Il fine della Piccola Opera della Divina Provvidenza racconta bene le direzioni verso cui è stata indirizzata la santità del suo fondatore, Don Luigi Orione, e manifestano già a prima vista l’affinità carismatica con Don Bosco e i suoi salesiani. Carità ed impegno con i ragazzi che don Orione, canonizzato da San Giovanni Paolo II nel 2004, seppe portare dal Piemonte a tutta l’Italia – storico il suo aiuto ai terremotati di Messina e Reggio Calabria nel 1908 – e attraverso i suoi eredi, al mondo intero.
In occasione del 150° anniversario della nascita di “Don Orione”, come è universalmente noto, rilanciamo un’intervista a Padre Tarcisio Vieira, appena confermato dal Capitolo Generale degli Orionini come Direttore Generale della Congregazione.
Padre Tarcisio, cosa rimane oggi dell’eredità di don Orione?
Don Orione è nato il 23 giugno 1872 ed è stato per la Chiesa e per il mondo una luce che si è accesa. La sua vita è stata portare al mondo la notizia e soprattutto la necessità di un’attenzione alla carità come mediazione per raggiungere la Chiesa e per vivere il Vangelo. Il principale messaggio di Don Orione è proprio questo: mediante la carità amiamo il Papa, amiamo la Chiesa, perché questo è il messaggio e la notizia bella del Vangelo.
Associamo spesso Don Orione anche agli oratori e alla cura per i giovani. Qual è il suo modello educativo e quanto può essere attuale oggi?
Don Orione ha iniziato la sua congregazione con un’attenzione ai giovani, ai ragazzi, ai bambini, soprattutto negli oratori. Rimane il suo messaggio di attenzione verso i giovani. Un nostro superiore generale, alcuni anni fa, diceva così: “i giovani. Sono lontano loro o lontani noi?”. E allora Don Orione è proprio il messaggero per dire che noi dobbiamo essere vicino ai giovani. Se riusciamo con i nostri propositi, con i nostri progetti, con le nostre attività a raccogliere i giovani e a essere vicino a loro possiamo fare tanto bene, perché quello di cui i giovani hanno bisogno oggi è soprattutto la presenza, la vicinanza, il supporto per vivere nel mondo di oggi, che, come sappiamo, è così difficile, e per vivere il Vangelo e essere vicini al Signore e alla Chiesa.
Che cosa prevedono le celebrazioni per i 150 anni?
L’evento principale è stato il capitolo generale, proprio vicino a Pontecurone. Noi abbiamo già realizzato nella città una bella fiaccolata con i parrocchiani e con la gente della città e il 26 giugno ci sarà la Messa solenne per la celebrazione dei 150 anni della sua nascita, presieduta del vescovo di Tortona, mons. Guido Marini. Sarà un momento di festa, bello, con tutta la città che ricorderà questo evento.
Un evento ci sarà anche a Sanremo. Qual è la storia di don Orione e il suo rapporto con la città dove poi è morto?
Nato a Pontecurone, ha vissuto e fondato la congregazione a Tortona ed è morto per una particolare situazione di salute a Sanremo. Questo evento a Sanremo vuole mettere ancora in evidenza la figura, la missione e specialmente la spiritualità di Don Orione. Ci sarà la presenza lì di don Flavio Peloso, che è studioso di Don Orione e che è stato anche Direttore Generale della Congregazione e suo successore.
Non è solo in Italia che Don Orione ha operato. Qual è la sua eredità nel mondo?
La congregazione oggi è sparsa e in circa 30 nazioni del mondo. La prima volta che uscì dall’Italia andò in Brasile, fondando le opere sia lì che in Argentina, dove visse anche 3 anni del suo ministero. La congregazione si è diffusa nel mondo proprio con questo messaggio: evangelizzare mediante le opere di carità, ma non solo quelle istituzionalizzate, ma facendo, passando il messaggio che è proprio attraverso la carità che noi possiamo conquistare le genti e dimostrare la maternità della Chiesa.
Lei è stato riconfermato alla guida della congregazione. Come vede questo nuovo mandato e quali sono le sfide della famiglia orionina nel prossimo futuro?
Noi abbiamo scelto come tema di questo capitolo una frase di don Orione, pronunciata molti anni fa, almeno nel 1918, quando è stata registrata: “L’impegno è gettarsi nel fuoco dei tempi nuovi”. Don Orione vedeva l’umanità afflitta da tanti mali, bisognosa di ristorarsi nella fede, bisognosa del cuore di Gesù Cristo, e diceva: “Noi dobbiamo andare al popolo. Dobbiamo uscire e andare verso la gente. È una necessità urgente quella di doversi gettarsi nel fuoco dei tempi nuovi per l’amore di Gesù Cristo, del Popolo e della Chiesa”. Allora l’impegno nostro, come orionini – e ci abbiamo riflettuto molto anche in questo Capitolo Generale –, è proprio questo e i confratelli mi hanno chiesto di accompagnarli in questa missione. Come Direttore Generale io so di poter contare sull’aiuto, sulla preghiera, sulla collaborazione di tanti confratelli, di tanti laici che sono sparsi per questo mondo, perché il mondo orionino è formato da tante nazioni.
“Gettarsi nel fuoco dei tempi nuovi”, in concreto, come si realizza?
La nostra riflessione e i nostri propositi sono soprattutto nel senso di una spiritualità forte. Da religiosi è una riflessione ad intra, cioè rafforzare la nostra spiritualità, la nostra consacrazione religiosa e la nostra identità orionina. Ma tutto questo per andare fuori, verso la gente, verso il popolo per trasmettere l’amore del Signore tramite le opere di carità. È questo il nostro proposito e il nostro carisma.
Michele Raviart
Fonte: Vatican News