“I casi della storia hanno voluto che il più grande archivio feudale conservato fuori dal Giappone sia oggi custodito qui in Biblioteca” ha commentato il card. José Tolentino de Mendonça, Bibliotecario e Archivista di Santa Romana Chiesa, alla presentazione del progetto, avvenuta martedì scorso, 1° marzo, presso la Sala Stampa della Santa Sede.
“Sono documenti fondamentali per ricostruire la storia del cristianesimo nipponico, ma la loro valenza storica va ben al di là di questo quadro, costituendo un variegato ritratto della società giapponese in epoca premoderna” ha aggiunto ancora il porporato.
Dietro a questo importante tesoro culturale c’è l’opera di don Marega, salesiano italiano vissuto in Giappone come missionario tra il 1930 e il 1974. Grande studioso della cultura giapponese - a lui si deve la traduzione in italiano del Kojiki, il più antico testo mitologico giapponese - attraverso una rete di rapporti personali riuscì a raccogliere migliaia di jō, rotoli di carta “schiacciati”, nei quali, dopo l’editto con cui l’imperatore nel 1612 aveva messo al bando il cristianesimo dal Giappone, il Daimyo (feudatario) di Bungo (oggi Usuki, nella prefettura di Oita) aveva continuato per decenni a stendere rapporti sulle famiglie dei primi convertiti al cristianesimo. Una mole sterminata di 14mila antichi documenti che, oltre a offrire una testimonianza della persecuzione, dipingono anche uno spaccato molto più ampio di ciò che era la realtà delle campagne giapponesi in epoca premoderna.
Don Marega nel 1953 - attraverso il nunzio apostolico in Giappone - riuscì a inviare in Vaticano questo materiale raccolto in 108 scatole. Ma si trattava di un fondo difficilmente catalogabile per una biblioteca occidentale. Questi documenti sono rimasti così per molti anni in un deposito, dove sono stati ritrovati solo nel marzo 2011. A quel punto è stato avviato il Progetto Marega a partire – appunto – dalla collaborazione con alcune realtà accademiche giapponesi tra cui l’Institutes for Research in the Humanities (Nihu). È partita così una lunga opera di inventariazione e di restauro che ha visto coinvolti numerosi enti.
La collaborazione con gli esperti dell’Estremo Oriente è stata fondamentale anche per il restauro dei materiali: le carte giapponesi antiche manoscritte reagiscono, infatti, in modo diverso ai trattamenti.
Il significato simbolico della collaborazione con le istituzioni giapponesi è stato sottolineato da mons. Cesare Pasini, prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana: “Lavorando insieme su documenti che testimoniano una persecuzione durata due secoli e mezzo – ha dichiarato - si è potuto costruire un’esperienza comune, che si è concretizzata in uno scambio di competenze e che si è ampliata e approfondita in una conoscenza e stima reciproca. Amiamo esprimere questa positiva realtà sotto il nome di diplomazia della cultura: anche là dove la storia avesse procurato ferite o conosciuto contrasti o contrapposto gli uni agli altri, possiamo costruire comprensione e accoglienza, armonia e rispetto, ricercando e indagando, spiegando e contestualizzando, facendo memoria rispettosa di tutti e di tutto. Un messaggio non casuale, men che meno ora”.
L’intero fondo è stato infine digitalizzato e questo permetterà ora agli studiosi di iniziare le loro ricerche su questi documenti resi disponibili a tutti online.
Fonte: AsiaNews